95 - Essere lupo

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5 Marzo 2002(Seconda parte)

Solo quando mi voltai dal primo banco per l'ingresso della bara, mi accorsi del numero infinito di persone che era entrato nella chiesa e che si era sistemato per quel doloroso evento. Stefano, Cristian, Loris e Pablo portarono a spalla la cassa scura, ricoperta di fiori bianchi, percorrendo la navata fino all'altare al suono solenne delle campane. Infine si sedettero tutti accanto a me, al primo banco e da quel momento, afferrai sicura la mano del giovane De Leonibus, senza lasciargliela neanche per un secondo.

La cerimonia fu semplice e dolorosa, lo stesso prete sembrava non riuscire a spiegare a quell'intera folla e al figlio seduto in prima fila, quale fosse il razionale di quella perdita improvvisa e questo perché non c'era nulla di razionale, nulla di spiegabile. Come allo stesso modo era inspiegabile il numero di persone e la quantità di affetto che venne riversato su Stefano alla fine della celebrazione. Tutti in paese si sporsero a stringergli la mano, ad abbracciarlo o anche solo a raccontargli un aneddoto su qualcosa di profondamente gentile che aveva fatto sua madre per loro.

Io rimasi appena qualche passo dietro di lui per tutto il tempo, osservando come educatamente e con contegno rispondeva a tutti, e sentendo crescere ad ogni secondo dentro di me l'ammirazione per lui.

Quando tutto fu concluso a pomeriggio inoltrato, ci dirigemmo nel bosco innevato. La radura era la stessa utilizzata per le esequie di Massimo e brillava illuminata dalla luna nel cielo terso. La pira di legno si ergeva imponente al centro ed alcune torce erano state accese lungo tutto il perimetro per illuminare. Una volta sistemata la cassa sulla canasta di legna tutti i presenti si disposero a cerchio e mi fu possibile riconoscerli ad uno ad uno. Tutti i membri del Branco della Neve erano lì per presenziare e non solo: al limitare della radura, nell'oscurità scorsi Marco avvolto nel suo mantello, venuto anche lui per rendere omaggio a Fedora.

Il Lupo Bianco, come in una solenne cerimonia, afferrò con decisione una delle torce e pronunciò sottovoce:- Che tu possa raggiungere i tuoi cari e avere pace.- E con passo pesante prese a girare attorno alla pira con la fiamma, affinchè il fuoco si accendesse alla base.

Come lui anche altri ripeterono la formula e poi, senza che nessuno avesse dato un ordine o suggerito qualcosa, molti presenti nel cerchio presero a trasformarsi. Uno dopo l'altro, anche chi non aveva combattuto, vennero avvolti dall'aura luminosa, e una volta in forma animale presero ad ululare con sentimento alla luna. Io ero rimasta intimorita da quelle voci, da quella specie di litania che si alzava insieme alle fiamme alte che ormai illuminavano l'intero bosco.

Stefano era l'unico ad essere rimasto in forma umana e fissava le fiamme ipnotizzato, fin quando d'un tratto, senza voltarsi, mi disse:- Alice voglio che questa sia l'ultima pira che vedo bruciare. – Fece una pausa interrotta dai crepitii del fuoco – Voglio non dover più temere per la sicurezza tua o di chiunque altro nel branco. Voglio solo la pace su queste montagne e prometto sulla memoria di mia madre che farò di tutto per ottenerla.-

E mentre gli ululati nella notte si mischiavano al fragore delle fiamme, io non riuscivo a distogliere lo sguardo da lui che sembrava incarnare la sua natura più di tutti quei licantropi trasformati.

Aveva arrotolato le maniche della camicia sopra le braccia, lasciando intravedere i muscoli tesi e ricoperti ancora dei segni rossi vividi della battaglia. Per chiunque lo avesse visto avrebbe potuto pensare che dava sfoggio della sua fisicità, ma per lui e il suo branco, quello era il naturale aspetto di chi aveva la responsabilità di proteggere tutti.

Il suo petto, stretto in quel colletto bianco, si alzava e abbassava con ritmicità, come se ogni suo respiro lo rendesse consapevole del mondo che lo circondava e forse, viste le sue capacità olfattive, era davvero così.

Il fuoco illuminava il suo viso pensieroso, donando ai suoi zigomi e alle sue sopracciglia un aria più severa, mentre evidenziava la mandibola contratta, come segno del dolore che cercava di celare o forse della forza dei morsi che cercava di contenere.

I capelli rilucevano di barlumi rossastri e benchè avesse provato a legarli nel solito codino, alcuni dei suoi ricci non riuscivano ad essere domati come se quel suo lato selvaggio non potesse essere nascosto.

L'unica cosa a renderlo umano erano i suoi occhi ambrati che risplendevano al fuoco come sole al tramonto, e che lasciavano trasparire il dolore che provava per quella perdita e l'impegno che avrebbe messo in quella promessa.

Era decisamente difficile essere un licantropo, avere un corpo bramante di forza e istinti, ed un animo colmo invece di sentimenti. Però mentre lo guardavo osservare quella che sarebbe stata l'ultima pira della sua vita non potei non pensare che lui, nonostante le sue origini, incarnasse perfettamente quello che voleva dire essere lupo.

Carissimi questa volta ci siamo davvero, manca un ultimo capitolo, l'Epilogo

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Carissimi questa volta ci siamo davvero, manca un ultimo capitolo, l'Epilogo. Voglio ringraziarvi tutti per avermi accompagnato fino alla fine in questa storia, per avermi spronato a scrivere, per avermi incoraggiato, per ogni singolo commento, voto e lettura.

Se fossi brava col pc sarei riuscita a taggare tutte le persone che mi hanno supportato e sopportato fin qui, ma visto che sono un'imbranata mi limito a dirgli che senza di loro non ce l'avrei fatta ;)

GRAZIE

PS. Quando ho scritto l'Epilogo di Wolf ho pensato che sarebbe stato bello pubblicarlo il primo dell'anno, d'altra parte si sa che la fine di qualcosa è l'inizio di un'altra. Quindi ci vediamo nel 2019 ;)



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