29 - La casa in cima al paese

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5 Gennaio 2002 (Quinta Parte)

Il sentiero nel bosco che avevamo percorso in silenzio, sbucava proprio dietro la casa di Stefano, in cima al paese.

Lo spiazzo tra le due case era come lo ricordavo, forse sembrava ancor più abbandonato a sé stesso con la neve che continuava a cadere incessantemente.

Avevamo camminato fino a lì senza rivolgerci parola, lui forse per risparmiarmi una sfuriata, io perchè ero troppo concentrata ad evitare che vedesse il tremolio delle mie mani spaventate. Avevo rischiato la vita. Di nuovo dopo quell'enorme valanga avevo rischiato di morire, ma a differenza della prima volta ora ne ero ben cosciente.

Guardai davanti a me Stefano che ormai aveva lasciato la mia mano, provando verso di lui una serie di contrapposte emozioni. Da un lato ero furiosa nei suoi confronti: perchè mi aveva detto di tornare a casa? Sapeva forse che quel mostro mi stava cercando? Perchè in tal caso non mi aveva avvertito?

Dall'altro gli ero grata, se ora potevo raccontare quello che era successo lo dovevo a lui, alla straordinaria forza nelle sue mani e al suo tempismo perfetto.

Giunti su una porta sul retro della casa principale, Stefano mi fissò un lungo istante, scorrendo la mia figura come se fino ad allora non avesse osato verificare la mia incolumità. Poi mi spinse dentro e in un attimo fummo nuovamente nel salotto dei De Leonibus.

Le braci nel camino ardevano copiosamente, producendo qua e là qualche fiammata, riscaldando con un dolce tepore l'intera stanza: era molto meglio che essere in mezzo alla neve.

Il mio sguardo cadde inevitabilmente sulla poltrona vuota dove il giorno prima avevo visto il nonno di Stefano e un'altra lacrima silenziosa mi scese sul viso pensando al fatto che se n'era andato.

- Stai bene?-chiese indagatore Stefano rompendo il silenzio.

Io non sapevo davvero cosa rispondere, non stavo bene, ero spaventata, tutto di me era terrorizzato. Eppure ricordando la rabbia con cui mi aveva sgridato poco prima, il mio orgoglio mi impose di rispondere "Sì".

I suoi occhi parvero scrutarmi qualche secondo prima di accettare la mia risposta, poi si diresse verso un armadio contenente dei liquori sul fondo del salotto. Si versò due dita di quello che mi parve un whysky e bevve tutto d'un fiato, tornando a riempirsi il bicchiere.

- Chi era quello? Cosa voleva da me?- chiesi in cerca di risposte, stringendo le mani a pugno per non fargli vedere che ancora tremavano.

- Non ti devi preoccupare, non ti si avvicinerà di nuovo.- rispose lui minaccioso.

- Voglio sapere chi era e perché mi cercava.- provai ad impormi, ma la mia voce tradiva ancora il terrore che avevo provato.

Stefano mi guardò a lungo col bicchiere in mano, sembrava stesse cercando delle risposte da solo, sembrava stesse provando a capire i miei movimenti piuttosto che le mie parole.

Dopo qualche secondo continuò sforzandosi di usare un tono rassicurante:- Ti ho salvata, non hai nulla da temere qui.-

Non so se furono le sue parole ad infuriarmi, o il fatto che forse mi sentivo realmente più al sicuro lì con lui a darmi la forza, fatto sta che gli puntai un dito contro infuriata:- Solo perché mi hai salvata, non hai il diritto di tenermi nascosto chi fosse!-

Stefano non parve far attenzione alle mie parole, era come stregato dalla mia mano, dal mio polso, dal ciondolo che pendeva con un certo scintillio.

Wolf - The W seriesWhere stories live. Discover now