26 - Il braccialetto

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5 Gennaio 2002 (Seconda Parte)

Salutai frettolosamente Chiara e mi diressi verso Stefano e Fedora, che avevano già congedato gli amici più stretti. Quando mi trovai di fronte a loro fissai dapprima gli occhi ambrati del ragazzo e, nel silenzio, ebbi la sensazione che capisse quanto ero addolorata per lui.

- Mi dispiace moltissimo.- mormorai scorrendo lo sguardo da lui a sua madre.

Gli occhi scuri di Fedora mi pietrificarono sul posto, facendole perdere in un attimo tutta la compostezza che aveva avuto fino a quel momento:- Non era il caso che proprio tu venissi.-

La sua voce risultò fredda e scontrosa. Ancora una volta in mia presenza si era come trasformata, dalla donna dolce ed elegante che era apparsa in chiesa era divenuta rabbiosa e maleducata. Non capivo cosa di me potesse infastidirla tanto, avevo forse fatto qualcosa di sbagliato in quel primo pomeriggio? Non sapevo rispondermi, fatto sta che era sempre più palese la sua avversione nei miei confronti.

- Mamma...-

Stefano la richiamò con severità, come rendendosi conto della poca gentilezza che la donna aveva avuto nei miei riguardi. Poi mi guardò nuovamente negli occhi e forse dovette percepire la mia preoccupazione perché continuò dicendo:- Ci lasci parlare da soli due minuti?-

La donna mi guardò furiosa e poi si avvicinò al carro funebre, mentre Stefano mi prese la mano e fece qualche metro voltando dietro l'angolo della chiesa, in un piccolo vicolo più riparato. Si fermò un istante e prese da una tasca nel vestito una sigaretta ed un accendino. Dopo aver preso una boccata di fumo si voltò verso di me e chiese freddamente: - Cosa vuoi?-

Il suo tono gelido mi ferì alquanto, ma immaginavo quanto potesse essere sconvolto in quel giorno. Probabilmente ero l'ultima persona che voleva vedere, soprattutto dopo avermi fatto promettere che mi sarei comportata come se non ci fossimo mai parlati.

Mi fissava con uno strano sguardo, come a cercare qualcosa di diverso, qualcosa che gli era sfuggito precedentemente. Io presi a giocare con una ciocca dei capelli scuri imbarazzata. Non sapevo da dove cominciare per esporre quello che avevo visto, i miei presentimenti. Davanti a lui, ad un funerale, sembrava così assurdo mettermi a parlare di quelle visioni. Presi fiato un po' intimorita dalla sua presenza. Ero sicura che mi avrebbe preso per pazza, ma dovevo comunque provarci.

- Ecco... io temo che tu sia in pericolo.- riuscii a mormorare infine.

Il sopracciglio alzato che ebbi in risposta mi fece comprendere quanto la cosa lo stupisse e divertisse contemporaneamente.

Ci riprovai più fermamente:- Io so che tu sei in pericolo.-

Il suo sguardo divertito si ombrò solo un poco, come se avesse ricordato in quel momento il luogo dove si trovava: -Ti devo ricordare che razza di mostro sono?-

Il suo alludere nuovamente alla sua natura mi fece innervosire, per quanto alla mia mente sembrasse assurdo che lui fosse un licantropo, inconsciamente l'avevo ben chiaro senza che continuasse a ripeterlo. L'avevo ben chiaro perchè quasi tutte le sere da quando ero tornata dalle Sorgenti di Limes diversi lupi popolavano i miei incubi.

Ignorai la sua domanda e provai a spiegarmi: - Ieri sera ho visto delle cose... del fuoco che ti circondava.-

- Non temo le fiamme se è questo che sei venuta a dirmi.- ribatté lui innervosito.

- Ho visto degli uomini tentare di spararti, li ho visti ferirti. - continuai allarmata.

- Guarisco in fretta non hai da che preoccuparti.- minimizzò lui prendendo un'altra boccata di fumo.

- Ho visto un uomo far volare delle pallottole d'argento con la voce!- gridai a quel punto furiosa.

All'udire quello, Stefano mi fissò sconvolto e furioso insieme, poi mi prese improvvisamente il polso e lo scoprì dal cappotto rosso che indossavo, rivelando il bracciale d'argento.

- Come lo hai avuto?!- ringhiò fuori di sé dalla rabbia. Aveva lasciato cadere la sigaretta e mi stringeva il polso con forza, sconvolto da quello che vedeva.

Io capivo sempre meno quella situazione. Come avevano fatto le mie parole a infastidirlo tanto? E come diamine faceva a sapere che indossavo il braccialetto? Nonostante una parte di me fosse stufa di tutti i segreti che giravano attorno a lui, la sua reazione esagerata non fece altro che gettarmi nel panico.

- Rispondimi Alice! Come lo hai avuto?!- gridò avvicinandosi e guardandomi fisso negli occhi.

Anche le sfumature dorate dei suoi occhi sembravano tremare di rabbia con lui.

In quel momento ne fui certa: avevo sbagliato qualcosa, avevo fatto qualcosa di tremendamente sbagliato perché lui mi fissasse così. Non fui in grado di oppormi al volere del suo sguardo e con mezza voce accennai:

- Me lo ha regalato tuo nonno, per aver accompagnato i suoi amici. -

Lo scatto che ebbe Stefano dopo quella rivelazione mi spezzò il fiato. Si voltò all'istante verso la chiesa, colpendone la parete con forza. Il suo pugno affossò nell'intonaco del muro formando delle crepe tutte intorno, lasciandomi stupita e spaventata insieme: non era certamente umano.

Stette per qualche secondo così, appoggiato alla parete, tentando di regolarizzare il respiro. Io non sapevo se interromperlo per chiedere spiegazioni o meno, ma la paura fermò ogni mio tentativo di conversazione. Stefano era fuori di sè, non l'avevo mai visto in questo stato. Il calore della sua rabbia era palpabile nell'aria tanto che non mi sarei stupita di vedere del fumo attorno a lui. Eppure non era solo la collera a scuoterlo, sembrava soffrisse, sembrava che qualcosa lo logorasse dentro e lui non trovasse alcun altro modo per sfogarlo.

Mi guardai alle spalle, indecisa se chiamare aiuto, se coinvolgere sua madre, ma eravamo soli in quel vicolo. Tornai a guardarlo in preda a quella furia sofferta e realizzai che, forse più di tutti, lui era solo in quel vicolo.

Dopo quella che mi sembrò un eternità, lo vidi ritirare il pugno e alzare lo sguardo verso di me:- Tornatene a casa e non uscire oggi.-

La sua voce era grave e imperiosa, ma questo non fu abbastanza per fermarmi. Ero stufa di tutti quei segreti, delle sue reazioni, di quelle cose che vedevo. Ne avevo abbastanza.

-Non hai diritto di dirmi cosa devo fare.- ribattei con forza fissandolo furiosa negli occhi, e continuai:- Ero venuta solo per metterti in guardia, c'è un uomo...-

Lui sembrò infuriarsi ancor di più per la mia disobbedienza e si avvicinò a pochi millimetri da me per ordinarmi:- Alice, fa come ti ho detto, tornatene a casa ora.-

Il suo sguardo ambrato mi attraversò nuovamente e per un attimo ebbi timore che le mie membra avrebbero iniziato a muoversi da sole verso casa. Chiusi gli occhi per resistere al suo potere e sentii i miei piedi, benchè tremanti, ancora attaccati al suolo.

Quando li riaprii lo osservai allontanarsi furioso, raggiungere sua madre e poi salire sull'auto che lo avrebbe condotto nei pressi della pira nel bosco. Rimasi qualche minuto immobile, indecisa su cosa fare.

Poi imprecando mi strinsi nel cappotto rosso e presi a camminare in direzione del sentiero che conduceva nel bosco: conoscevo un unico spiazzo dove avrebbero potuto ergere una pira.

Poi imprecando mi strinsi nel cappotto rosso e presi a camminare in direzione del sentiero che conduceva nel bosco: conoscevo un unico spiazzo dove avrebbero potuto ergere una pira

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