51 - Avevo sete

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30 Gennaio 2002 (Seconda parte)

Mi trovai nel bosco, col sole che splendeva alto nel cielo. Sembrava una splendida giornata estiva tra le montagne, e fu per quello strano cambio di stagione che fui certa di trovarmi un un'altra visione.

Il clima mite mi riscaldava la pelle e il panorama verde mi rinfrancava lo spirito, mentre camminavo tra gli alberi trascinando una borsa ripiena di cartucce per fucile. La borsa era estremamente pesante e decisamente voluminosa e per un attimo mi chiesi se non fossi io ad essermi rimpicciolita in quel bosco.

Ero certa di aver accompagnato qualcuno, ma non ne ricordavo né il nome, né il volto. La caccia in quella stagione era una pratica comune tra le montagne e non mi stupii particolarmente di riconoscere anche il tipo di proiettili che portavo, poichè anche mio nonno era solito usarli nel "Periodo del Cinghiale".

Camminai quasi per un quarto d'ora sotto il sole poi, improvvisamente stanca e assetata la mia attenzione venne attratta dal rumore di un piccolo torrente che seguii imperterrita. Raggiunsi l'origine di quello sciabordio, trovandomi in cima ad una grande cascata, alta almeno tre metri. Era attorniata da rocce bianche, lievemente inumidite dagli spruzzi.

Posai la borsa a terra e con avventatezza mi sporsi sulle rocce per giungere all'acqua e saziare la mia sete. Senza guardarmi attorno presi a bere, immediatamente ristorata dalla freschezza dell'acqua e solo in quell'istante percepii la strana sensazione di essere osservata.

Alzai lo sguardo oltre la riva della cascata e lo vidi. Era un animale di immensa bellezza, disteso all'ombra sull'erba che mi fissava con i suoi curiosi occhi gialli: un lupo bianco.

"Stefano"

Quando mi accorsi della sua forma e della sua attenzione, mi alzai velocemente dalla roccia, arretrando di un passo preoccupata. Cosa ci faceva in quella foresta? A cosa pensava così sereno disteso sull'erba? Come poteva essere così smagliante il bianco del suo pelo?

Mentre mi ponevo quelle domande, mi sentii stranamente turbata dalla presenza dell'animale. Il mio cuore aveva preso ad accelerare, la mia bocca ad avere di nuovo sete. Era davvero lui? O forse qualcuno che non conoscevo? Ero intimorita dallo sguardo fisso che l'animale aveva su di me, sembrava stregato dalla mia presenza, come se fossi un fantasma o peggio una preda.

Decisi che non avrei atteso oltre su quella roccia e così arretrai tentando di non dargli le spalle. La mia imprudenza sulle rocce bagnate mi fece subito scivolare ed in un istante mi ritrovai appesa ad una radice appena sporgente tra le rocce, con il baratro d'acqua sotto.

Mi sfuggì un grido di paura. Non sarei riuscita a tenermi a lungo a quell'appiglio ed ero certa che il proprietario delle cartucce non sarebbe giunto presto. Presa dal panico sentii le lacrime pungermi gli occhi e la mano bruciare allo scivolare della radice su di essa: non ce l'avrei fatta.

Fu nell'istante in cui persi il ramo dalle mani che sentii afferrare il mio braccio.

- Tieniti a me!-

La voce di un ragazzino sopra le rocce mi arrivò distinta alle orecchie, mentre le sue braccia mi tenevano oltre il baratro. Lo afferrai sentendo il fiato mancarmi. In qualche minuto, con difficoltà, mentre stringevo gli occhi per il pianto, quell'improbabile salvatore mi sollevò sulla roccia più asciutta. Per la fatica e lo spavento restammo sdraiati tra l'acqua e il sole per qualche minuto, rassicurati dai nostri respiri mozzati: eravamo ancora vivi.

Quando le lacrime mi dipanarono la vista scorsi un ragazzino dai capelli ricci scuri, il naso appuntito e gli occhi ambrati. Era poco più alto di me e riconobbi in quel momento che non poteva avere più di dodici anni: era uno Stefano molto più giovane di come lo conoscevo.

Con fare dispotico mi sgridò:- Sei stata una stupida! Non lo sai che si scivola sulle rocce bagnate?-

- Scusa, io...avevo sete.-

I suoi occhi mi guardavano severi e magnetici allo stesso tempo. Poi si alzò, sporgendosi nuovamente sul torrente, riempendo le sue mani a conca con acqua fresca.

- Tieni.- fece brusco, porgendomi l'acqua cristallina dalle sue stesse mani.

Qualcosa di lui in quelle fattezze mi stregava e senza pensarci appoggiai subito la bocca alle sue dita, piena di gratitudine per quel suo gesto e soprattutto per avermi salvato. Quel contatto sprigionò uno strano calore sulle mie labbra e per qualche ragione, fui certa lo percepì anche lui sulle sue mani. 

-Sibilla!! Sibilla!-

La voce di alcuni uomini mi destò dalle mie percezioni, facendomi allontanare dall'acqua che bramavo. Alzai lo sguardo verso il bosco, senza riuscire a vedere niente. Erano forse i proprietari della borsa?

Il giovane Stefano si voltò spaventato verso quel suono e poi riprese a guardar me:- Sono con te?-

Io annuii, scostando le lacrime e vidi i suoi occhi tingersi di delusione.

- Allora addio.- mormorò prima di scappare, correndo nel folto del bosco.

Lo osservai correre fra gli alberi velocissimo e sparire in pochi secondi alla mia vista, lasciandomi solo una strana fitta al petto.

Dopo qualche minuto giunsero i miei accompagnatori, trafelati e preoccupati per la mia sorte. Un uomo vecchio col fucile in mano si avvicinò a me studiando il bosco alle mie spalle e mormorò a quello più alto accanto a lui:- Ce n'è un altro.-

Presero a correre nel bosco come per inseguire Stefano e quando sentii i primi spari realizzai il loro intento. Spaventata mi alzai, intenzionata a rincorrerli e a fermarli, ma le braccia forti di un ragazzo mi trattennero. Era decisamente più grande di me, un accenno di barba del colore biondo platino, come i capelli, gli occhi chiari come l'acqua, ma la cosa più preoccupante era una ferita rossa e sanguinante che gli attraversava il viso fino al collo.

Le sue parole intrise di odio mi rimbombarono in testa:- Hanno violato il patto della montagna, devono pagare.-



Mi svegliai di soprassalto nel letto, col cuore che batteva impazzito. Mi voltai nel buio della stanza e vidi Elena profondamente addormentata: ero nuovamente a casa.

Mi alzai in silenzio, diretta verso la finestra. La luce della luna filtrava nel buio della notte e io presi ad osservare il tetto del palazzo vicino, ricordandomi delle parole di Pablo.

Davvero era rimasto appeso lì un'intera notte?

In quel momento non importava, avevo il cuore in subbuglio per quello che avevo visto. Quella ferita avrebbe lasciato il posto ad un altrettanta cicatrice e c'era un unico uomo che avevo visto con quell'aspetto: Valerio. Mi si spezzò il fiato nel realizzare di aver sognato Stefano ed il suo assassino nella stessa visione. Possibile si conoscessero? E per quale dannato motivo avevo visto Stefano in quella foresta? Era chiaro che non fossi realmente io, perché non avevo nessun ricordo di quell'incontro, men che meno di quella cascata. Chi diavolo era la donna che impersonavo nelle mie visioni?

Scossi la testa affranta. Era l'ennesima visione che non comprendevo e dovevo iniziare a comporre i pezzi se volevo cambiare il futuro.

In quel momento però, riuscivo a pensare un'unica cosa: avevo terribilmente sete.

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