69 - Un immenso dono

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26 Febbraio 2002 (Prima Parte)

Quando rinvenni la prima cosa che percepii fu il freddo pungente, che sembrava aver avvolto il mio intero corpo. Sentivo i piedi e le mani intorpidite dal gelo, come la mia coscienza. Non avevo la forza di aprire gli occhi, non avevo il coraggio di scoprire dove fossi finita, né chi avesse voluto farmi questo.

Non volevo concentrarmi sul mio presente, ma nemmeno il passato riusciva darmi sollievo. Continuavo a vedere le fiamme e il fumo, ricordavo il rumore dei ringhi e dei morsi, soprattutto sentivo il pavimento tremare al crollo dei piloni: erano riusciti a sopravvivere?

Sentii le lacrime riprendere a scorrere sul mio viso mentre la mia mente si abbandonava a quei cupi pensieri: Elena, Chiara e Matteo si erano messi in salvo o erano stati raggiunti da quei predatori? Pablo e Beatrice avevano avuto la meglio su quei mostri? E Stefano? Il mio petto venne scosso da un singhiozzo al solo pensiero che le fiamme lo avessero preso, all'idea che in quel marasma potesse esserci qualcuno in grado di far levitare delle pallottole. A quel punto i miei sentimenti si riversarono su Marco: era sopravvissuto al crollo? Com'era riuscito a fermare quell'enorme pilone? Ma soprattutto come aveva potuto nascondermi le sue capacità per tutto questo tempo?

Una folata di freddo raggiunse impetuosa il mio volto, costringendomi ad aprire gli occhi. Ero rannicchiata in un angolo di quella che sembrava una grotta dalle pareti di roccia scure, sotto di me la nuda terra chiazzata qua e là dalla neve. Avevo le mani legate in grembo e non avevo percezione di che ora fosse o di che giorno fosse o di dove si trovasse quel cumulo di pietre. L'unica fonte di luce in quella disperazione era la breccia a pochi metri da me che sembrava aprirsi nel vuoto e che, presumibilmente, costituiva anche l'entrata della mia prigione. Da lì si poteva vedere uno scorcio di cielo, i cui colori mi diedero l'idea fosse sera inoltrata. Per quanto tempo ero rimasta svenuta? Cosa mi avevano fatto?

In preda ai brividi per il freddo, decisi di concentrarmi sul presente e notai che all'interno della grotta non vi era mobilio o attrezzature, eccetto per una sedia a qualche metro da me ed alcune coperte gettate a terra. Provai a muovere una gamba per raggiungerle con un piede e gettarmele addosso, ma mi immobilizzai nel sentire i passi di qualcuno farsi avanti. Spaventata ritrassi la gamba, rannicchiandomi nell'angolo, incapace di comprendere o ipotizzare le loro intenzioni, poiché visto che mi avevano rapita e lasciata a morir di freddo di certo non erano le migliori.

Non ero in grado di riconoscere il viso di quel visitatore in quella strana luce che filtrava tra le rocce, ma ne riconobbi la voce:- Finalmente ti sei svegliata.-

Lorenzo, il portiere del liceo, il ragazzo scomparso era anche quello che mi aveva rapito. Faticavo a crederci perché lo avevo sempre conosciuto come un ragazzo gentile e simpatico, ma quando si avvicinò mi fu chiaro che qualcosa in lui era cambiato. Era decisamente più alto di quanto lo ricordavo ed il suo viso sembrava scavato, come malato ed il suo sguardo era decisamente più animalesco, come i suoi movimenti. Aveva addosso vestiti laceri, eppure non sembrava patire il freddo, sembrava come affamato.

-Sembri sconvolta cappuccetto.- fece ancora avvicinandosi a me.

Io non riuscii a trattenere il mio sconvolgimento per il suo nuovo aspetto:- Che ti è successo?-

Un sorriso animale si stagliò sul suo volto:- Sono diventato più forte, sono un essere nuovo.- Mentre diceva così mosse il collo come per stirarsi e io percepii il rumore di ossa che si rompevano e riassestavano.

Avevo già sentito quel suono nella foresta, e mi fu subito lampante la sua natura: non era più umano.

-Come?- mi sfuggì tra le labbra, inorridita della fierezza con cui aveva parlato.

Wolf - The W seriesWhere stories live. Discover now