Capitolo 171: Lunedì, 11 giugno 2012

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"Leo! Ma non dovresti essere a scuola?" mi domanda Ester quando ci incontriamo nel corridoio, vicino alla stanza della mamma.

"La scuola è finita!" sorrido io.

"Ah! Hai ragione..., a star sempre qua perdo la cognizione del tempo! Sei stato promosso?"

"Non lo so ancora, ma direi proprio di sì! Anche se matematica è sempre un mistero!".

Lei ride: "Speriamo, dai! E come mai non sei rimasto a dormire fino a mezzogiorno? Non è questo che fanno gli adolescenti in vacanza?"

"Sì! Normalmente sì!" esclamo ridendo. "Ma stasera festeggio il mio compleanno e quindi non riesco a venire..., allora sono venuto adesso."

"Ah! È il tuo compleanno, oggi?!"

"Esatto! I mitici sedici! Se fossimo in America potrei anche guidare la macchina, pensa!"

"Auguri allora!" sorride lei dandomi un bacio sulla guancia.

"Grazie! Vado dalla mamma adesso."

"Sì, vai".

Ma faccio appena in tempo a muovere qualche passo che Ester mi richiama.

"Che c'è?" le domando voltandomi verso di lei.

"Senti Leo..., è  meglio che tu sia preparato... È stata... una mattina difficile. Ha avuto una crisi respiratoria e abbiamo dovuto darle l'ossigeno. E poi..., il dolore era molto forte e le abbiamo aumentato la dose di morfina..."

"Come sarebbe?! Ma ieri stava così bene..."; la mia mano si ferma a mezz'aria, in una protesta vuota.

"Lo so, ma la malattia è imprevedibile. Non spaventarti se la trovi un po' intontita, è normale, ok?"; mi accarezza la guancia e io mi sforzo di sorriderle, prima di annuire e proseguire verso la stanza della mamma.


Sta dormendo.

Richiudo piano la porta per non disturbarla e mi avvicino al letto.

È pallida.

Gli zigomi mi sembrano più sporgenti che mai.

So che è impossibile, ma mi sembra ancora più magra di ieri.

Mi fa troppo male vederla così, eppure non riesco a distogliere lo sguardo da lei.

Penso che ogni volta che la guardo potrebbe essere l'ultima, e non riesco proprio a distogliere lo sguardo da lei.

Avvicino la poltrona al letto, le accarezzo i capelli sottili, le prendo piano una mano.

E aspetto.


Non si sveglia.

Dorme per tutta l'ora a mia disposizione e io non me la sento di disturbarla. Dev'essere distrutta.

Aspetto ancora, anche se so che l'orario di visita è già passato, ma non voglio andarmene a casa senza averle parlato, senza averla guardata negli occhi.

"Leo, l'orario di visita è già passato da mezz'ora..." mi dice Ester con dolcezza, parlando a bassa voce.

"Lo so. Per favore, fammi restare ancora."

"Leo, lo sai che non posso. Ti ho già lasciato mezz'ora in più. Le dirò io che sei venuto."

"Ti prego!"

"Se lo scopre la Lisandri..."

"Ti prego..."

"Cinque minuti. Non uno di più."

Leo (Io non ho finito)Where stories live. Discover now