Capitolo 6: Mercoledì, 28 dicembre 2011

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Irene si sveglia presto, stamattina: il sole è appena sorto e la camera da letto è ancora in penombra; Matteo sta ancora dormendo e lei si prende qualche momento per guardarlo prima di alzarsi; allunga una mano ad accarezzargli il viso, dove la barba è già ispida e pungente seppure si sia rasato ieri mattina; si alza dal letto lentamente (la mattina è sempre il momento più difficile) e indossa il suo cardigan di lana grigio, quello che ormai è liso in vari punti e che nessuno in casa sopporta più di vederle indosso ma a cui lei è affezionata e non vuole separarsene.

La porta della stanza di Asia è socchiusa, e Irene ne approfitta per dare un'occhiata dentro ed assicurarsi che non si sia addormentata sui libri, seduta alla scrivania, come è già successo innumerevoli volte: no, stavolta è nel letto, rintanata sotto al piumone. Va poi verso la stanza di Leo e abbassa piano la maniglia per aprire la porta senza disturbarlo; Leo dorme sempre con la porta chiusa da quando aveva sei anni; entra con passi leggeri e si avvicina al letto per toccarlo e sentire se ha la febbre: no, è fresco; sorride sollevata e poi non resiste alla tentazione di sprofondare una mano tra i suoi capelli; lui mugugna qualcosa nel sonno e si gira dall'altra parte; lei gli rimbocca la trapunta e poi esce dalla stanza, richiudendo piano la porta.

Va in cucina a prepararsi il caffè; non il decaffeinato, no, oggi ha bisogno del caffè quello vero; la giornata si preannuncia tosta. Alla fine ieri ha telefonato alla Lisandri. Non ce l'ha fatta ad aspettare fino ad oggi, perché lei le cose le prende di petto e quando una cosa è decisa, è decisa, ed è inutile rimandare; così stamattina ha appuntamento con la Strega, come la chiama Leo, per parlare del nuovo piano terapeutico. Sì, decisamente ci vuole proprio il caffè quello vero; apre le tende del soggiorno e va sul balcone, a respirare l'aria del mare e a dare il buongiorno ai suoi ciclamini e alle sue viole; e anche all'erica, certo; è così rassicurante l'erica: è sempre lì, mese dopo mese, stagione dopo stagione, resiste a tutto; vorrebbe essere come lei, vorrebbe che fosse così facile, vorrebbe proprio che fosse così facile adattarsi, resistere, vivere.

Rientra in casa perché comincia ad avere freddo, e poi ormai il caffè dev'essere pronto; prende la tazzina che usa sempre nel periodo natalizio, quella che le ha regalato Asia tanti anni fa, dopo averci dipinto sopra una stella di Natale, e la riempie quasi fino all'orlo; ha il bordo sbeccato ma anche da questa fa fatica a separarsi; sì, lei si affeziona alle cose, non vuole mai buttare via niente, e la sua famiglia non fa che prenderla in giro per questo; fa il caffellatte per Leo e lo mette in frigo, poi lava la moka e la prepara di nuovo, poggiandola sul fornello spento, già pronta per Asia e Matteo; prende una manciata dei biscotti fatti da Asia e li mette su un piatto insieme alla tazzina; si vede proprio che Leo ha mal di gola, altrimenti sarebbero già finiti di sicuro; decide di andare a fare colazione raggomitolata sul divano, quando è da sola le piace fare così; lancia un'occhiata di sfuggita all'albero di Natale, poi lo guarda di nuovo e vi si sofferma: Leo può raccontargliela quanto vuole, la storia della prospettiva, ma quell'albero è proprio storto; sorride tra sé e sé e si alza per accendere le lucine; di solito non lo fa mai la mattina, ma adesso le sembra che le facciano compagnia, nel silenzio in cui è immersa la casa, interrotto solo dal sottofondo della caldaia e dal ticchettare dell'orologio alla parete.


Guarda l'orologio e sospira; vorrebbe che il tempo si fermasse, non vuole che arrivino le 10:30, non ha voglia di andare a quell'appuntamento; non ha voglia di sentir parlare di tutto quello che la aspetta.

Di nuovo.

Eppure sa che non ha scelta.

O meglio, la scelta ce l'ha, ma nessuna delle alternative è allettante.

Non vuole ricominciare tutto da capo, ma allo stesso tempo non vuole mollare.

Non può mollare.

Leo (Io non ho finito)Où les histoires vivent. Découvrez maintenant