Capitolo 4: Lunedì, 26 dicembre 2011

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Non so che ora fosse quando ho spento la luce e mi sono messo a dormire; so solo che l'ultima volta che ho guardato il cellulare le 2 erano passate da un pezzo e adesso sono quasi le 5 e mi sono svegliato di soprassalto senza capire subito bene perché; mi metto a sedere sul letto, cercando di capire cosa mi abbia svegliato e ad un tratto la sento: mamma che tossisce violentemente.

La sua tosse mi ha svegliato spesso nell'ultimo periodo, nonostante lei faccia sempre di tutto per non disturbare e a volte se ne vada addirittura sul balcone, tanto che papà e Asia non si svegliano praticamente mai.

Ma io sì.

Io mi sveglio sempre.

È come se avessi un sensore speciale incorporato che mi mette subito all'erta, svegliandomi immediatamente quando lei non sta bene, anche se sto dormendo profondamente. Di solito me ne sto fermo a letto con gli occhi spalancati nel buio, aspettando che le passi, e resto sveglio finché non sento che la crisi è finita e che lei se ne torna a dormire.

La prima volta che è successo, qualche settimana fa, mi sono alzato e l'ho raggiunta sul balcone, scalzo e in maglietta, e lei mi ha rispedito subito a letto dicendo che ero matto ad uscire così e che mi sarei preso un accidente; era mortificata dall'avermi svegliato in piena notte, anche perché poche ore dopo sarei dovuto andare a scuola; l'ho capito anche se non me l'ha detto, l'ho visto nel suo sguardo, nell'espressione del suo viso, e mi sono sentito quasi in colpa; da quella volta, ho sempre evitato di farle sapere quando la sua tosse mi sveglia e sono sempre rimasto ad aspettare nella mia stanza, all'erta.

Ed è così che me ne sto adesso: seduto sul letto, con gli occhi e le orecchie aperte, all'erta; ma passano i minuti e la sua tosse non sembra voler cessare; la sento anche attraverso la porta chiusa. Sento che va in cucina e si versa da bere, sento che apre la porta finestra del balcone, poi la sento tornare ancora in cucina a bere e sento ancora la tosse, forte, insistente. Sono ormai lì lì per alzarmi quando la sento correre e spalancare la porta del bagno (quella porta cigola da matti, non si può non riconoscere) e allora proprio non ce la faccio più e mi alzo.

"Mamma..." chiamo a bassa voce spingendo piano la porta del bagno che è socchiusa; lei è inginocchiata davanti al water e ha il viso pallido e stravolto.

"Leo, che fai qui?"; sta ancora tossendo forte ed è come se ogni suo colpo di tosse mi rimbombasse nelle orecchie, nella testa, nel petto, nello stomaco. "Esci."

"Ma..."

"Ti ho detto di uscire! E chiudi quella porta!".

Ha alzato la voce e mi ha guardato dritto negli occhi e io non posso fare a meno di uscire, richiudendo la porta alle mie spalle. Non ce la faccio a tornare a letto, però. Mi siedo lì per terra, vicino alla porta del bagno, con la schiena appoggiata alla parete e lì rimango, a sentirla tossire e vomitare e poi ancora vomitare e tossire, mentre rannicchio le gambe e le abbraccio, sforzandomi di rimanere fermo lì, quando l'unica cosa che vorrei fare è tornare da lei.

Passa un'eternità, poi finalmente tutto sembra placarsi: la sento tirare lo sciacquone, la sento aprire il rubinetto del lavandino, la sento aprire la porta. Non ho il coraggio di voltarmi a guardarla perché so che l'ultima cosa che avrebbe voluto era trovarmi qua ad aspettarla; rimango immobile, fissando un punto imprecisato davanti a me; la vedo avvicinarsi, con la coda dell'occhio, per poi lasciarsi ricadere sul pavimento, vicino a me.

"Scusa se ho urlato" sospira poggiandomi una mano sul ginocchio. Io mi stringo nelle spalle e poi poggio la testa nell'incavo tra il suo collo e la sua spalla.

"Tranquilla..." mormoro deglutendo mentre lei comincia ad accarezzarmi i capelli.

"Questa tosse mi rende nervosa. E ancora di più se so che crea disturbo agli altri."

Leo (Io non ho finito)Where stories live. Discover now