Capitolo 176: Sabato, 16 giugno 2012

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Mi sa che ho di nuovo la febbre alta. Sto battendo i denti dal freddo. Cerco coi piedi la coperta, che ieri sera ho lasciato infondo al letto, ma quando faccio per afferrarla, una fitta alla gamba destra mi blocca il respiro.

Ancora.

Mi metto seduto e mi allungo a prenderla con le mani, coprendomi velocemente e tornando subito a sdraiarmi. Forse dovrei provare la febbre e forse dovrei prendere la pastiglia.

Mi sollevo appena per afferrare il blister delle pastiglie e la bottiglietta d'acqua ma non ho voglia di provare la febbre, tanto è sicuro che ce l'ho sopra ai 38, e tanto sono passate più di quattro ore dall'ultima pastiglia che ho preso.

Vorrei che ci fosse qui la mamma, a prendersi cura di me, come faceva sempre quando non stavo bene, riempiendomi di attenzioni, di amore, di coccole.

Non riesco proprio ad immaginare la mia vita senza di lei, è come essere dentro a un orribile incubo; spaventoso, terrificante. È come se da un momento all'altro mi dovessi svegliare e tirare finalmente un sospiro di sollievo.

E invece no.

E invece è tutto vero.

E non bastava questo vuoto lancinante che sento dentro, questa sensazione che non riuscirò mai più ad essere felice come prima, quest'angoscia che mi prende il petto e mi toglie il fiato, che mi stringe tutto intero in una morsa ogni volta che penso a lei, al suo sorriso che non rivedrò mai più.

No.

Non era abbastanza, a quanto pare.

Ci volevano pure 'sto cazzo di male alla gamba e 'sta cazzo di febbre, che oltre al corpo mi attaccano pure la mente, facendomi sentire come in un delirio perenne da cui riesco a riemergere solo ogni tanto, confuso, alienato, distrutto.

Spero di riuscire a riaddormentarmi.


Sì, mi sono riaddormentato, e mi sono svegliato col fastidioso suono della sveglia che mi trapana il cervello. Ho mal di testa. Forte. E sono anche completamente sudato. La pastiglia mi sa che ha fatto effetto e che la febbre è scesa.

Mi trascino fino in bagno per farmi la doccia. La gamba mi fa malissimo e non oso guardarla perché ho paura di vedere com'è messa. Sarà gonfia da far spavento.

Dopo vado in cucina per bere un po' d'acqua fredda, e ci trovo Asia che sta facendo colazione.

"Ti sei svegliata molto presto" le dico, e lei accenna un sorriso tirato.

"Sì... Devo studiare".

Sarà anche vero che deve studiare, ma a giudicare dalla sua faccia mi sa che più che essersi svegliata molto presto, non ha proprio chiuso occhio.

Apro il frigo, mi riempio un bicchiere d'acqua e inizio a berla lentamente, appoggiato di schiena al bancone della cucina. Improvvisamente mi prende un senso fortissimo e opprimente di angoscia al pensiero che la mamma non entrerà mai più in questa cucina, che non la vedrò mai più coi suoi grembiuli colorati di cui faceva collezione e con quel cappello da chef che le ha regalato Grazia a Natale; non la vedrò mai più prepararmi la colazione o cucinare per noi, non potrò mai più cucinare insieme a lei; non la vedrò mai più appollaiata sulla sedia a capotavola davanti al suo pc a smistare le mille foto che faceva...

Niente.

È tutto finito.

Ed è come se nella mia mente passasse ogni singolo istante che lei ha vissuto qui dentro, e mi si riempiono gli occhi di lacrime, e quella morsa che ormai conosco così bene mi stringe il petto, e piango silenziosamente mentre Asia non mi vede perché mi dà le spalle; al tempo stesso però avverto anche un profondo senso di gratitudine per tutti i momenti con Lei, e per essere riuscito a capire nel momento stesso in cui li stavamo vivendo, quanto eravamo felici.

Leo (Io non ho finito)Where stories live. Discover now