Capitolo 202: Giovedì, 12 luglio 2012

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Stamattina lo spilungone se ne sta in disparte, graziato dall'interrogazione della Lisandri, mentre lei, senza occhiali, si è seduta sul mio letto. So già tutto prima ancora che parli.

"Mi dispiace Leo, ma ti è tornata la febbre e non posso dimetterti".

Quando ieri sera la febbre è tornata su, avevo già previsto che non mi avrebbe lasciato andare a casa, ma una parte di me ci aveva sperato lo stesso.

"Ma non le sembra di stare esagerando?! Non ho mica la febbre a quaranta! Se tiene in ospedale tutti quelli con la febbre a trentotto, non rimane più posto per i malati veri!".

La mia protesta la lascia imperturbata, a parte un breve sguardo che interpreto come commiserazione.

"Con la chemio non ti puoi permettere di avere la febbre, nemmeno a trentasette e mezzo".

Per la serie: guarda che tu sei un malato vero, nel caso te lo fossi dimenticato.

"Ma è ancora colpa del fegato?"

"No, direi proprio di no. I valori del fegato sono buoni, e gli esami del sangue non mostrano niente che possa giustificarla. Non capiamo esattamente da dove provenga questa febbre. Cominciamo subito col somministrarti antibiotici a largo spettro e vediamo che succede."

"Cioè?! Che roba è?"

"Un insieme di antibiotici che attaccano batteri di varia natura. In poche parole, proviamo a curarti anche se non sappiamo ancora che cos'hai".

Ho capito: praticamente come lanciare una bomba aerea, a caso, sperando di beccare i cattivi e chi piglio piglio, chissenefrega dei buoni.

Mando giù l'idea di dover restare ancora qui e provo a digerirla.

"Ieri ho visto che a piano terra c'è una palestra. Posso andarci per un paio d'ore?"

"In palestra?! Non se ne parla, Leo! Anzi, oggi voglio proprio che tu te ne stia in camera. Evitiamo rischi inutili".

"Ma si rende conto che sta chiedendo a un ragazzo di sedici anni di starsene chiuso in una stanza per giorni interi?!" esclamo esasperato.

"Non mi sembra. Se non sbaglio ieri ti ho lasciato uscire, e a quanto pare le tue difese immunitarie non hanno retto nemmeno uno sforzo leggero, figuriamoci se puoi andartene in palestra!"

"Andiamo, dottoressa! Le prometto che non esagero!"

"No".

Niente da fare.

È irremovibile.

E io depresso.


Poco dopo che la Lisandri e lo spilungone se ne sono andati, arriva Laura con tutto l'occorrente per un'iniezione, ed io che sono seduto sul letto intento a sfogliare una rivista quando me ne accorgo faccio un salto di mezzo metro e la fisso con gli occhi sgranati mentre la prepara.

Lei ride. "Stai tranquillo re Leone, inietto la medicina direttamente nella cannula che hai già sulla mano!".

Io tiro un sospiro di sollievo e ringrazio Ulisse per non avermela tolta.


Questa mattina sembra non passare mai.

Avrebbe dovuto essere l'ultima e invece non lo è.

Non sopporto che i tempi si allunghino sempre di più.

Non sopporto non sapere quando finirà questa prigionia.

Prendo il cellulare e avviso tutti che per oggi non sarò dimesso e che mi toccherà stare ancora qui.

Mattia e gli altri vorrebbero passare a salutarmi più tardi, ma io gli dico che preferisco di no e che ci vedremo al loro ritorno.

Leo (Io non ho finito)Where stories live. Discover now