Capitolo 234: Lunedì, 13 agosto 2012

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Ho aspettato che il latte che Francesca mi ha portato si raffreddasse, e adesso sto facendo colazione inzuppandoci i biscotti di Asia, seduto al tavolo, quando entra Miriam, l'oss che si occupa sempre di cambiarmi le lenzuola, con il carrello della biancheria.

"Ciao Leo!"

"Ciao! Come mai qui? Non le cambi il mercoledì, di solito?"

"Devo preparare l'altro letto, tra un po' arriva un nuovo paziente" mi dice lei mentre comincia a dispiegare il lenzuolo sul materasso.

"Oh! E che tipo è? Quanti anni ha? Cos'ha?"

"Hai altro da chiedere?" mi domanda lei ridendo. "Non lo so. Mi hanno solo detto di preparare il letto".

Un compagno di stanza.

Non so se la cosa mi faccia piacere oppure no.

Dipende.

Dipende da che tipo è e da quanti giorni si fermerà.

La verità è che ormai mi sono abituato a comportarmi come se questa fosse davvero la mia stanza e non mi va molto a genio l'idea di doverla condividere con qualcuno.

Speriamo almeno che non sia un rompipalle.


Verso le dieci viene a chiamarmi Laura per andare a fare l'ecocardiogramma. Niente di che: il cardiologo mi fa sdraiare sul fianco sinistro e sta circa mezz'ora a passare la sonda avanti e indietro sul mio petto impiastricciato di gel, mentre io vedo il mio cuore "in diretta" sul monitor. Ne farei uno al giorno, di ecocardio, pur di non dover fare l'arteriografia.

Per il referto devo aspettare che mi venga comunicato dalla Lisandri, ma a giudicare dalla faccia del dottor Basile è tutto a posto. Ormai mi sto specializzando nell'interpretare le facce dei dottori e la sua mi sembra molto rilassata.

Quando rientro in camera, il mio compagno di stanza è già arrivato. Così, a prima vista, non sembra per niente malato: è abbronzato, ha la testa piena di riccioli biondi e un fisico atletico messo ancor più in evidenza da una canotta sportiva e da un paio di pantaloncini.

A pensarci bene però, anch'io due mesi fa non sembravo per niente malato, eppure lo ero già.

"Ciao" lo saluto entrando, e lui, colto di sorpresa, per poco lascia cadere la pallina da tennis con cui sta giocando, lanciandola in aria e riprendendola.

"Oh... ciao!" esclama mentre prende al volo la pallina poco prima che tocchi terra, e alzandosi poi dal letto per venirmi incontro.

"Io sono Leo" dico porgendogli la mano.

"Matteo" risponde lui stringendomela; la sua presa è forte e sicura.

"Come mio padre" sorrido io per la coincidenza, ricambiando la stretta.

"Ti ho invaso il territorio, eh?" mi domanda lui guardandosi intorno.

In effetti c'è roba mia sparsa ovunque: vestiti abbandonati su ogni sedia, la parete vicina al mio letto tappezzata di poster e foto, gli attaccapanni completamente occupati, il tavolino in mezzo ai due letti pieno di fumetti, il pc e la Play sulla scrivania, e ora che ci penso ho occupato anche entrambi gli armadietti.

"No, scusa... Ti faccio subito posto" rispondo con un sorriso un po' imbarazzato. "È che sto qua da solo da più di un mese e ho occupato tutto lo spazio possibile!"

"Cazzo! Più di un mese?!" esclama lui tornando a sedere sul suo letto. "E che c'hai?!"

"Non si vede?!" dico sorridendo sarcastico mentre mi indico la testa con la mano.

Leo (Io non ho finito)Where stories live. Discover now