Capitolo 193: Martedì, 3 luglio 2012

80 2 0
                                    

È stata una pessima notte.

La gamba mi faceva malissimo, non so se per colpa della Bestia o del fatto che mi hanno preso un pezzo d'osso, fatto sta che l'antidolorifico non è servito a un cavolo e che ho dormito poco e niente. Il dolore era così forte da farmi piangere. Che poi non lo so se piangevo per il dolore, perché ho appena saputo con certezza di avere un tumore, o perché la mamma mi manca troppo.

Probabilmente per tutti questi motivi tutti insieme.

Quando è suonata la sveglia ero così rincoglionito che pensavo di dover andare a scuola, e quando poi ho realizzato dove devo andare in realtà, avrei preferito mille volte dover andare a scuola. Pure a farmi interrogare da quella di matematica, guarda!

Piuttosto che tornare in ospedale.

Piuttosto che fare la pet.

Pare che non sia dolorosa, è tipo una tac, però ho paura che mi manchi il respiro come l'altra volta; e mi tocca pure essere bucato di nuovo.

Eccheppalle!

Apro il freezer e prendo il gelato che è avanzato ieri; la vaschetta è quasi intatta perché Giulia alla fine è andata via prima che Asia rientrasse, e io ne ho mangiato solo due cucchiaiate, giusto per fare contenta Asia; non ne avevo per niente voglia.

Ho già affondato il cucchiaino nella fragola quando mi ricordo che per fare la pet devo restare a digiuno. Che merda! Chiudo la vaschetta e lancio il cucchiaino nel lavello.

Fanculo!

"Oh... Non sei ancora vestito?"

"Ciao papà. No, è che pensavo di venire in ospedale in mutande. Tanto poi mi danno il camice. È una buona idea, no?".

Lui accenna un sorriso e poi si avvicina a me.

"Buongiorno" mi dice accarezzandomi dietro il collo.

Accenno un sorriso anch'io, piegando le labbra di lato, e poi rimetto la vaschetta in freezer.

"Ma hai mangiato il gelato?" mi domanda lui con apprensione.

"No. No! Stai tranquillo! Non ho mangiato il gelato! Non ho mangiato un bel niente!"; richiudo con forza lo sportello del freezer e lo guardo negli occhi. "Guarda che lo so benissimo quello che posso e che non posso fare!" dico alzando la voce. "Lo so a memoria, lo so!".

Lui non dice niente e abbassa lo sguardo. Ha gli occhi lucidi, arrossati, stanchi. Ce li ha così dal giorno che è morta la mamma; anzi, da qualche giorno prima: da quel giorno che abbiamo saputo che non c'era più niente da fare. Forse però adesso ce li ha così anche per me. Forse anche lui ha passato la notte insonne a piangere, e stavolta non solo per la mamma.

Forse stavolta anche per me.

Ci guardiamo in silenzio, sembra che stia per dirmi qualcosa, ma non mi dice niente. Nemmeno ieri mi ha detto niente, come se non fosse stato presente anche lui con me in quello studio, come se non sapesse cosa mi sta capitando.

"Non sta capitando solo a te! Non sentirti in diritto di essere l'unico a soffrire!".

No, non sono l'unico a soffrire, Giulia ha ragione, ma di sicuro sono quello che soffre più di tutti, e ne ho tutto il diritto, anche se è un diritto di cui farei volentieri a meno.

"Vado a vestirmi" dico in un misto di rabbia e rassegnazione.

Il primo prelievo.

Il secondo prelievo.

Il contrasto per la tac.

Il terzo prelievo.

La puntura del coraggio.

Leo (Io non ho finito)Where stories live. Discover now