Capitolo 172: Martedì, 12 giugno 2012

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Passano ore prima che la mia mente riesca a ritornare lucida.

Sono le quattro del mattino ormai, quando mi decido ad alzarmi dal suo letto.

Bacio la sua fronte ormai fredda.

Le accarezzo ancora una volta i capelli sottili.

Asciugo con una mano il suo viso, bagnato dalle mie lacrime.

Esco dalla stanza.

Asia mi chiede dove stia andando ma io non so risponderle.

Scuoto la testa senza dire niente.

Percorro il corridoio silenzioso.

Giro per l'ospedale che dorme.

Senza una meta precisa.


"Ciao" dico facendo sussultare una delle infermiere di turno al nido dell'ospedale.

"Mi hai spaventato!" esclama lei voltandosi verso di me. "Ma sai che ore sono?! Cosa fai qui?!"

"Non lo so" sospiro. "Ho pensato che..., non so..."dico passandomi una mano tra i capelli. "Ho bisogno di vedere la vita".

Lei si avvicina a me e io leggo sul suo tesserino di riconoscimento che si chiama Lucia.

"Brutta nottata?" mi chiede sorridendo dolcemente.

Non devo avere di certo un bell'aspetto.

"Sì."

"Vieni" mi dice, e io la seguo fino alla vetrata che dà sul nido.

Rimango incantato per parecchio tempo a guardare tutti quei neonati nello loro culle, coi loro braccialetti bianchi dove è scritto il loro nome e quello della loro mamma.

Insieme.

Mi ritrovo ad invidiarli un po'.

Vorrei ancora avere la loro innocenza.

E vorrei ancora avere la mia mamma.


La vibrazione del cellulare mi riscuote dai miei pensieri.

È Asia che mi sta cercando.

Metto giù, saluto Lucia e i Braccialetti Bianchi e mi incammino verso la stanza dove c'è la mamma.

Dove c'era la mamma.

Adesso c'è solo Asia che sta raccogliendo le sue cose.

"Dov'è?!" le chiedo disorientato.

"L'hanno portata nella camera mortuaria".

Mi guardo intorno cercando in questa stanza i ricordi degli ultimi mesi trascorsi qui con lei.

La poltrona dove mi sedevo per starle accanto.

Le confidenze.

I sorrisi.

Il tavolino dove rimaneva sempre il vassoio del suo pranzo mezzo pieno.

"C'è papà con lei. Andiamo a casa, Leo. Tanto tutti qua non ci fanno restare" dice accarezzandomi un braccio.

Io annuisco e le prendo di mano il borsone con tutti gli effetti personali della mamma. "Lascia, faccio io."

"Va bene fratellone".

Poggio il borsone per terra e l'abbraccio, stringendola forte a me.

Mi sembra così piccola e smarrita.

Leo (Io non ho finito)Where stories live. Discover now