Capitolo 215: Mercoledì, 25 luglio 2012

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Stanotte ho dormito malissimo e anche stamattina non sto affatto bene: mi gira la testa, ho freddo e mi sento completamente senza forze.

"Certo che ieri l'hai proprio combinata grossa, eh?!" mi dice Ulisse mentre mi misura la pressione.

Io sono così stanco che me ne sto sdraiato con gli occhi chiusi e non ho per niente voglia di parlare.

"Non l'ho mai vista così incazzata la Lisandri! E ci lavoro insieme da tanti anni, eh?! È una che si incazza, sì..., ma come la fai incazza' tu...!"

"Wow, mi merito un premio allora" dico con poco entusiasmo, senza nemmeno aprire gli occhi.

Lui ride, togliendomi il manicotto per la pressione e legandomi il laccio emostatico. Poi lo sento mettersi i guanti e subito dopo avverto il fastidioso e pungente odore di alcool e il cotone freddo sull'incavo del mio braccio destro.

"Te scherzi, ma io dico davero eh?!" esclama mentre mi prende la mano facendomi aprire e chiudere il pugno più volte. "Che glie fai a quella donna, lo sai solo tu!"

"Perché non parliamo di ciò che quella donna fa a me, invece?!" dico aprendo gli occhi e guardandolo proprio mentre mi infila l'ago. "Ahia!"

"Non t'ho fatto male, su!".

No, in realtà è vero, non mi ha fatto così male. E poi ormai ci sono abituato. È che ho le palle girate e allora tutto mi dà fastidio il triplo. Per non parlare del fatto che probabilmente stamattina mi tocca il terzo ciclo di chemio e mi viene da vomitare già solo al pensiero.

Guardo la provetta che si riempie di sangue, poi chiudo di nuovo gli occhi. Ho solo voglia di dormire.

"Reggi qua" mi dice Ulisse poggiandomi sul braccio della garza, dopo aver estratto l'ago.

"Ma non mi puoi mettere un cerotto?" mi lamento io. Perfino un movimento da niente come questo mi costa fatica.

"Eddai su, nun fa' i capricci. Due minuti e passa tutto"; mi prende la mano sinistra e me la porta sul braccio destro, facendomi fare pressione con le dita sulla garza.

Io non ho la forza di ribattere e me ne sto fermo così, mentre lo sento mettere via tutto e allontanarsi col carrello.

Voglio solo dormire.


Stavo quasi per riaddormentarmi ma è arrivata Francesca con la colazione. Le ho chiesto di appoggiare il vassoio sul tavolino del letto ma ho impiegato almeno un quarto d'ora per decidermi a mettermi seduto. Pare che il mio corpo abbia deciso di farmi pagare con gli interessi gli sforzi a cui l'ho sottoposto nei giorni scorsi. Almeno la febbre non è andata oltre i 38, e quando prima Ulisse me l'ha misurata era scesa a 37,4.

Mi giro per sistemare i cuscini dietro la schiena ed è allora che li vedo.

Capelli.

Capelli sul cuscino.

Cazzo!

Non solo una ciocca, come ieri.

Sono tanti.

Tantissimi.

I miei capelli.

Che sembrano ancora più neri sul cuscino bianco.

Mi viene da piangere.

Me ne sto a fissarli e mi viene da piangere.

I miei capelli.

Sul cuscino bianco.

Non sono i miei.

No, dai, cazzo, non possono essere i miei.

Leo (Io non ho finito)Where stories live. Discover now