Capitolo 211: Sabato, 21 luglio 2012

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La notte è infernale.

Non so se il Fattore G stia funzionando nel risvegliare i miei globuli bianchi, ma intanto sveglia me, verso l'una: l'effetto dell'antidolorifico è svanito, sudo freddo, ed è come se mi stessero prendendo a bastonate sulla schiena.

Il dolore è così forte da farmi vomitare. Fortuna che Ester è stata previdente e mi ha lasciato una bacinella sotto al comodino, perché non ce l'avrei fatta ad alzarmi dal letto per raggiungere il bagno e avrei combinato di nuovo un disastro come l'altro giorno.

Suono il campanello e arriva subito Ulisse, che senza che gli dica niente ha già capito tutto. Di sicuro conosce bene gli effetti collaterali del Fattore G., e probabilmente Ester prima di andarsene lo ha pure avvisato; e anche la mia faccia dev'essere piuttosto eloquente.

Mi fa mettere seduto, dandomi appena un po' di sollievo, e poi dà una rapida occhiata alla mia cartella clinica.

"Torno subito" mi dice rimettendo a posto la cartella. "Meglio se ti faccio un'iniezione piuttosto che la flebo, fa effetto prima."

"Fai quello che ti pare" gli rispondo parlando a fatica. "Basta che ti sbrighi perché sto impazzendo!".

Meglio mille iniezioni che sopportare questo dolore assurdo.

Alla fine non mi tocca nemmeno essere bucato perché l'antidolorifico lo inietta direttamente nell'ago-cannula che ho nel braccio, e pochi minuti dopo il dolore è già passato.

"Che fai?!" gli domando quando prende la bacinella dove ho vomitato. "Lascia stare."

"Lo vuoi tene' come souvenir?!" esclama lui ridendo e andando verso il bagno.

"Ma no, voglio pensarci io!"

"A' Leo, e piantala, su!".

Mi sento a disagio. Lo so che fa parte del suo lavoro e che chissà quante bacinelle ha ripulito in questi anni, ma per me è umiliante. È una cosa che mal sopportavo già da bambino, quando capitava che stessi male e che la mamma dovesse ripulire, ma adesso è peggio, molto peggio.

"Che è quella faccia?" mi chiede quando torna e rimette a posto la bacinella, sotto al comodino.

"Potevo pensarci io."

"Ma se sei così bianco che ci scommetto mànco te reggi in piedi!".

Già..., su questo non posso dargli torto. E poi, dopo che l'altro giorno mi ha ripulito da capo a piedi, svuotare e lavare una bacinella non deve fargli nessun effetto.

Fa effetto a me però.

Lui fa questo lavoro da vent'anni, io malato lo sono da venti giorni, e non riesco a rassegnarmi all'idea di esserlo, né a quella di aver bisogno dell'aiuto di qualcuno. È una situazione che proprio non tollero e capisco sempre di più come si sentiva la mamma e come dovesse darle fastidio averci tutti intorno quando non stava bene.

Fatico a riprendere sonno, ho una sete pazzesca ma il terrore di vomitare predomina sulla sete. Cerco di resistere ma la sete è troppa. Afferro la bottiglia che ho sul comodino, è quasi piena e mi sembra pesantissima. Svito il tappo e bevo lentamente, un sorso alla volta, e non ci sono spiacevoli conseguenze.

Rimango sveglio a fissare il buio per non so quanto tempo, rimuginando sulla mia condizione, sulla mia malattia, sulla mia prigionia...

Mi viene da piangere.

Penso a papà, e al suo sguardo smarrito ogni volta che viene qui.

Penso a quanto mi manca la mamma, e a quanto debba mancare anche a lui.

Leo (Io non ho finito)Where stories live. Discover now