Capitolo 179: Martedì, 19 giugno 2012

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La scorsa notte è stata interminabile.

Dormire mi è risultato praticamente impossibile.

La gamba che continua a farmi male.

La mamma che non c'è più.

L'ansia per i referti.

Nella mia testa c'era troppo rumore per poter dormire.

Alla fine il giorno è arrivato.

E adesso sono qui che cammino zoppicando un po' per il dolore, accanto a papà, verso lo studio della dottoressa Lisandri.

Guardo le persone che incrocio per i corridoi dell'ospedale, domandandomi come mai siano qua, quale sia la loro storia, quali i loro problemi, quali le loro paure.

Qualcuno di loro si sente come me in questo momento?

Qualcuno di loro si sta domandando perché io sia qua, quale sia la mia storia, quali i miei problemi, quali le mie paure?

Mi manca la mamma.

Vorrei che ci fosse lei qui con me, in questo momento.

Col suo sorriso rassicurante.

Con la sua mano calda.

Io e papà camminiamo in silenzio, mentre cerco di immaginare cosami aspetta.

Sono preoccupato.

La Lisandri mi è sembrata preoccupata.

Quel timbro "URGENTE" sulle richieste degli esami mi ha messo addosso un ansia che non riesco a spiegare.

Quell'ansia non ha fatto che crescere in questi giorni di attesa e cresce ancora di più adesso, quando arriviamo davanti alla porta del suo studio.

"Papà, voglio entrare da solo."

"Ma Leo... Sei sicuro?"

"Sì. Davvero."

"Va bene, come vuoi" mi dice stringendomi una spalla. "Se hai bisogno sono qui".

So che in fondo anche lui preferisce aspettare fuori.

So che ha più paura di me, in questo momento.

So che mi ha accompagnato solo perché l'ha promesso alla mamma, ma che avrebbe preferito di gran lunga mandare Asia.

So che è terrorizzato all'idea che io possa avere qualcosa di serio.

Mi avvicino alla porta con il cuore che mi batte in gola e la sensazione di essere estraniato dal mio corpo e di stare assistendo a tutto dal di fuori.

Vorrei andarmene, ma non posso sottrarmi.

Busso.


"Buongiorno Leo, accomodati" mi accoglie la Lisandri, seduta alla sua scrivania. "Sei da solo?"

"Buongiorno"; ricambio il saluto con tono incerto. "C'è mio padre fuori" dico indicando la porta col pollice.

"Non preferisci farlo entrare?" mi chiede mentre mi siedo di fronte a lei.

"No" rispondo stringendo le labbra nervosamente.

"Ne sei sicuro? Mi sembri nervoso."

"No, si sbaglia."

"Guarda che non c'è niente di male nell'avere paura..."

"Non ho paura. Io non ho paura maidi niente".

È un'affermazione esagerata e me ne rendo conto nel momento esatto in cui esce dalla mia bocca.

Leo (Io non ho finito)Where stories live. Discover now