Capitolo 188: Giovedì, 28 giugno 2012

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Vengo svegliato dai raggi del sole che entrano dalla finestra e impiego qualche secondo per rendermi conto di non essere a casa, nella mia camera, ma in ospedale, e che ieri sera non ho pensato a socchiudere le veneziane.

Quando realizzo davvero dove sono, rischio di venire preso dal panico ma mi impongo di restare calmo e comincio a respirare lentamente, fino a sentire il battito del mio cuore calmarsi.

Mi tiro leggermente su e allungo una mano verso il comodino per prendere il telefono e guardare che ore sono: le 6:27.

Mi lascio ricadere sul cuscino.

È ancora presto e stanotte ho anche dormito malissimo, svegliandomi di continuo, ma sono troppo nervoso per riuscire a riaddormentarmi: tra due ore e mezza sarò in sala operatoria.

Non mi pare vero, non mi sembra possibile.

Non sta succedendo a me.

E invece .

Chiudo gli occhi provando a dormire ma non c'è niente da fare; mi giro e mi rigiro inutilmente nel letto e alla fine mi decido ad alzarmi e ad andare a fare una doccia per svegliarmi del tutto.

Il tempo sembra non passare mai; mi metto a giocare alla Play ma sono troppo in ansia e continuo a sbagliare tutto, così smetto; cammino nervosamente avanti e indietro per la stanza, messaggiando con Giulia che si è appena svegliata, poi con Asia che mi dice che tra poco lei e papà usciranno di casa per venire qui; mi perdo un po' a guardare gli ulivi fuori dalla finestra e quando sono quasi le 8 arriva Ester con un carrello pieno di roba.

"Ciao Leo, buongiorno!"

"Buongiorno! Cominciavo a credere che vi eravate dimenticati di me!"

"Dimenticarsi di te? E come si fa?" mi sorride lei. "Vieni a sederti, proviamo la febbre."

"Se ho la febbre salta tutto?" le chiedo sedendomi sul letto mentre una parte di me spera di avercela e che effettivamente faccia slittare l'intervento.

"Solo se dovesse essere alta" risponde porgendomi il termometro.

"Ah..., non credo di avercela alta, allora!".

A dire il vero di febbre non ne ho proprio: l'intervento non slitta.

"Adesso sdraiati, devo depilarti la gamba."

"Non mi fai la ceretta, vero?" le chiedo mentre mi sdraio.

Ester ride. "Non ti voglio mica torturare, eh?! Uso questo!" dice mostrandomi un rasoio elettrico, e rido anch'io, sollevato. "Sei preoccupato?" mi domanda mentre indossa i guanti.

"No, dato che non mi fai la ceretta!" le rispondo, anche se ho capito benissimo che la domanda era un'altra.

Lei capisce subito che non ho voglia di rispondere alla domanda vera e lascia cadere l'argomento, dedicandosi alla mia gamba, spiegandomi passo passo quello che fa; mentre la sta asciugando, dopo averla depilata dal ginocchio alla caviglia e dopo averla sciacquata, bussano alla porta.

"Avanti!" urlo io per farmi sentire bene.

"Si può?" domanda Asia aprendo piano la porta.

"Sì, vieni!".

Asia entra con in faccia un bel sorriso rassicurante che di sicuro deve aver improvvisato per me prima di aprire la porta, e anche papà, suo malgrado, ci prova; il suo però appare molto più tirato.

Ester finisce di asciugarmi la gamba e butta tutto nel cestino che c'è nel carrello. Dopo essersi tolta i guanti e aver buttato via anche quelli, mi porge una busta trasparente con dentro qualcosa di celestino che non riesco immediatamente ad identificare.

Leo (Io non ho finito)Where stories live. Discover now