Capitolo 194: Mercoledì, 4 luglio 2012

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Ho paura.

Questa faccenda della medicazione non mi piace per niente.

Già da bambino era una tragedia farmi medicare quando mi sbucciavo le ginocchia, e non poteva toccarmi nessuno.

Solo la mamma.

Una volta, quando andavo in seconda elementare, a ricreazione mi ero scorticato un braccio cadendo dall'altalena, ma non avevo permesso né alla maestra né alla bidella di avvicinarsi, e alla fine avevano dovuto chiamare la mamma perché continuavo a sanguinare, sporcando dappertutto. E lei stessa non è che avesse vita facile con me quando doveva medicarmi, perché non stavo fermo e urlavo, spaventando a morte la vicina anziana del secondo piano. E quelle, alla fine, erano solo ferite superficiali.

Questa è una ferita chirurgica, con dei punti, e l'altro giorno quando Laura me l'ha medicata, è stata durissima riuscire a non piangere. Solo l'orgoglio mi ha salvato dal farlo, ma oggi non lo so se il mio orgoglio sarà abbastanza. Sono già a pezzi di mio, la notte fatico a dormire, la gamba mi fa male, e lunedì è sempre più vicino.

"Sei agitato?" mi domanda papà poggiandomi la mano su un ginocchio, fermandomi così dal muovere nervosamente la gamba avanti e indietro.

"Eh?! Certo che no!" gli rispondo io con sicurezza. "Non sono mica un piscione!".

A proposito di piscioni, quello che è dentro in questo momento sta urlando e piangendo a più non posso, e di certo non mi incoraggia. Ok, a giudicare dalla voce sarà un bambino abbastanza piccolo, però è inquietante lo stesso.

Peggio ancora quando la porta dello studio si apre e lui esce, per mano a sua madre, con un muso lungo fino a terra, tutto sudato, urlando "È cattivooo!". Avrà più o meno cinque anni e un grande cerotto sulla testa.

"Sotto a chi tocca!" dice l'infermiere affacciandosi alla porta.

No, cazzo! È Ulisse, quel tizio grande e grosso che già solo a vederlo fa paura. È un gigante.

"Non ci andare!" mi dice il bambino quando vede che mi alzo. "È cattivo! Cattivissimo!".

Grazie eh, bambino! Grazie tante, proprio! Già non avevo nessuna voglia di entrare là dentro, adesso ancora meno.

"Vuoi che entri con te?" mi chiede papà alzandosi anche lui.

"No" rispondo io in modo secco, e poi entro e richiudo la porta.


Il gigante è appoggiato alla scrivania e sta guardando dei fogli dentro a una cartellina. "Leone Correani, giusto?" mi domanda sollevando lo sguardo su di me.

"Sì."

"Ferita chirurgica alla gamba destra..." dice leggendo ancora i fogli, e poi allunga lo sguardo sulla mia gamba, annuendo. Ho indosso i jeans corti, perciò la benda è ben evidente. "Quello là fuori è tuo padre?"

"Sì."

"Non lo fai entra'?"

"No."

"Vabbè. Lo faccio firmare dopo" dice poggiando i fogli sulla scrivania. "'Nnamo sul lettino, va'!".

Io prendo fiato e vado a sedermi sul lettino, ma mi si contrae lo stomaco già a vederlo mettersi i guanti.

Ha delle mani enormi.

Mi farà di sicuro un male boia.

"Ah, io so' Ulisse, comunque."

"Sì sì, lo so."

"L'hai letto mò sul cartellino?"

"No... Ti ho... Ti ho visto altre volte che sono venuto qua" gli rispondo muovendo una mano all'indietro.

Leo (Io non ho finito)Where stories live. Discover now