Capitolo 17- Delusione

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Confusione

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Confusione.

Rabbia.

Sconforto.

Delusione.

Non una parola sembrava esprimere a pieno il caos emozionale che mi dominava la testa ed il petto.

Me ne stavo ferma, immobile, al centro del cerchio con le sei sedie, con un unico dettaglio che differenziava lo scenario rispetto a quello che avevo visto per la prima volta.

Il posto di Max era vuoto, non più illuminato, con una grossa X rossa al centro.

Rossa come il sangue, silenzioso e gocciolante nella sua sostanza vischiosa.

Mi portai le mani tra i capelli, cercando di frenare il mio tremare convulso, mentre l'immagine di Max che crollava a terra mi torturava la mente.

"Fatemela... Fatemela rifare... Voglio rifare la route, ve ne prego! C'é qualcosa per poter tornare indietro?"

Mi guardai disperatamente attorno, cercando di trovare qualsiasi cosa che potesse anche soltanto permettermi di riavviare.

Mi avvicinai alla sedia con sopra disegnata la X, mandando giú la saliva a stento, cliccando la 'i' in giallo.

Appena lo feci, il risultato fu semplicemente uno.

La schermata era nera, percorsa da una scritta inquietante in rosso.

' Non più disponibile '

- Merda! Cazzo, merda, cazzo, porca puttana!- mi lasciai cadere in ginocchio, trattenendo un singhiozzo isterico, raccogliendo le gambe e circondandole con le braccia, sentendo il mio respiro che mancava, il mio ossigeno che spariva in ogni sua piccola parte, dalla più grande alla più piccola.

"Non è possibile. Non è possibile. Non è possibile che non riuscire a completare una missione abbia portato simili conseguenze! No, no, no!"

- Scegli la tua prossima route - asserí la voce robotica, di colpo, strappandomi un ennesimo sussulto.

- Vai a fanculo - le risposi urlando, particolarmente incazzata, stringendo i pugni e strofinando le mani contro le palpebre, ignorando il fastidio prepotente che questo mi provocava.

Tremavo: non c'era un solo punto del mio corpo in cui io non tremassi.

Avrei voluto urlare per ore, ma non avevo neppure la forza di farlo, ero sconvolta.

Le lacrime presero a scendere, involontarie e copiose lungo le mie guance, crollandomi in seguito sui palmi, scivolando a terra silenziosamente.

Sentivo come se il mio cervello fosse partito, come se qualcuno  si fosse divertito a farmi incontrare la persona "perfetta" per poi strapparmela via dalle mani.

Dolore.

Tanto dolore.

Le immagini si ripetevano in un loop.

Uno strazio che si mischiava nei miei pensieri.

I flashback della sua morte non volevano darmi pace, continuavano a ripetersi, portandomi a piangere ancora più forte.

Non volevo giocare.

Non volevo più giocare.

Erano andati troppo oltre.

Staccai tutto e una volta in piedi, gettai il casco sotto al letto, tornando a buttarmi sul materasso, non riuscendo a smettere di piangere nemmeno per un istante, strattonandolo le coperte con i pugni.

Tutto questo era insensato, così insensato che non riuscivo a trovare un filo logico.

Come si poteva far vivere un esperienza del genere? Okay che era un gioco, ma il realismo generale era tremendo e...

Max era morto. Qualcuno gli aveva sparato. La sua espressione mentre cadeva era inscritta nella mia testa.

Chi aveva fatto partire quel colpo? Perché? Cosa sarebbe cambiato se mi fossi confessata? Se gli avessi detto che mi piaceva?

Forse tutto. Forse niente. Non lo avrei mai saputo, anche perché la sua route non mi sarebbe stata più possibile da svolgere.

Ma che senso aveva? Seriamente.

Uccidere un personaggio del tuo stesso gioco, renderlo inutilizzabile, sconvolgendo la mente di chi giocava...

Di certo non aiutava gli acquisti: potevano esserci anche facili denunce per questo tipo di cose.

Okay, c'era stato l'avviso, ma non mi sembrava abbastanza! Questa cosa era assolutamente devastante.

Continuai a piangere, rannicchiata sul letto in posizione fetale per una ventina di minuti, non riuscendo a muovermi, tirando su col naso, mentre cercavo di cacciare via le foto della morte di Maximilian dalla testa, come se il rullino si fosse inscritto e non fosse stato possibile rimuoverlo.

"Non ci voglio giocare mai più" questo mi dissi, abbastanza convinta, o almeno così ero stata inizialmente.

Per qualche strano motivo... Una parte del mio cervello mi chiedeva di continuare, di provare a capire se c'era o se non c'era proprio un senso, sul dove volessero andare a parare.

Era un po' come una dipendenza da droga, sapevi avrebbe fatto male continuare, ma in fondo in fondo ne eri a conoscenza: ne avevi bisogno.

Mi asciugai rapidamente le goti con i polsi.

Sapevo che non aveva senso: sapevo che me ne sarei pentita se avessi riprovato, ma...

Volevo sapere. La parte curiosa, stupida e testarda di me, voleva sapere tutto.

Rialzandomi leggermente, mettendomi seduta, con tutti i capelli che mi coprivano gli occhi bagnati, provai a mettermi  in piedi.

Riafferrando il casco con le mani che tremavano, trattenni una sottospecie di spasmo isterico.

La parte opposta a quella che mi diceva di farlo, stava urlando: urlando così tanto che pareva avrebbe vinto lei.

Ma la testardaggine non si poteva sconfiggere, non in questo caso.

E infatti così lo indossai per una seconda volta nella mattinata, aspettando che tornasse l'immagine delle sei sedie.

E tornò, ma al posto delle sei erano già diventate cinque.

Masticai un ennesimo insulto, cercando di regolarizzare il mio respiro ed il mio battito cardiaco.

Non ero più sicura di voler andare in ordine nella lista che mi ero fatta...  Ma comunque mi ritrovai a scegliere Nicholas, sperando internamente che in questa route finisse diversamente.

Cliccai dunque la sua 'i' ,rileggendo i vari dettagli con attenzione, o almeno, con l'attenzione che una persona distrutta internamente e delusa poteva dare.

Un respiro, un altro.

Aveva davvero un accenno di senso quello che volevo fare? Dovevo essere completamente andata per voler fare un secondo tentativo.

Lasciai che il mio sguardo si incentrasse su Nicholas e sulla sua espressione calma, prendendo ossigeno, andando così a premere il tasto dello ' Scegli Nicholas ' .

Ed eccola: la camera di salvataggio.

Ero di nuovo qui, per nulla pronta a ciò che mi aspettava.

L'orologio del quaderno, di nuovo vuoto dalle missioni, diceva nove e mezza.

Mi passai le mani tra i capelli e buttai fuori il respiro rassegnato.

Ventiquattr'oreKde žijí příběhy. Začni objevovat