Capitolo 143- Il mio nuovo occhio

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-Sei pronto a togliere la benda?- chiese il dottore con tono estremamente calmo, cominciando a rimuovere i guanti e lasciandoli in seguito sul tavolo, fissandomi con attenzione, quasi si stesse aspettando che il mio corpo mi tradisse e dunque esib...

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-Sei pronto a togliere la benda?- chiese il dottore con tono estremamente calmo, cominciando a rimuovere i guanti e lasciandoli in seguito sul tavolo, fissandomi con attenzione, quasi si stesse aspettando che il mio corpo mi tradisse e dunque esibisse la risposta senza che la mia voce la provasse anche solo a sussurrare.

-Sì- risposi comunque, non provando neanche ad accompagnare la parola con un movimento di testa poiché ero ancora molto intorpidito dall'anestesia totale e dall'operazione a cui ero stato esposto per l'inserimento del nuovo occhio, fatto che sicuramente mi avrebbe portato un giramento o avrebbe provocato un probabile svenimento addirittura, da quanto ero debole.

Le mani abili dell'uomo andarono dunque a slacciare man mano le garze, attuando un lento movimento rotatorio di cui riuscivo a malapena a vederne metà, percependo il nervosismo accumularsi alla bocca del mio stomaco, così difficile da reprimere che per riuscirci dovetti mettermi a concentrare la mia attenzione totalmente altrove, auto-porgendomi indovinelli, - o anche soltanto somme normali di numeri che continuavano fino a che mi scocciavo di ripetere gli stessi conti o che alla fine mi dimenticavo i numero preciso - un suggerimento che mi aveva dato lo psicologo.

Ero stato molto teso perché... temevo che una volta dopo la rimozione totale della stoffa ospedaliera, fosse possibile il fatto che non cambiasse nulla... Che l'occhio non funzionasse e che quindi mi sarei dovuto abituare ad essere mezzo cieco per il resto della mia intera esistenza, lunga o corta che fosse... E l'idea mi faceva storcere abbastanza il naso, ad essere sincero.

Ma appunto, grazie al suggerimento dello psicologo, al mio farmi problemi matematici e non incentrati sulle mie conoscenze personali - come ad esempio sui gas e sulla dilatazione dei corpi - il troppo nervosismo era soltanto uno sfondo non notato, come un ronzio di sottofondo, leggero e quasi neanche udibile, in confronto a dei fuochi d'artificio sparati a raffica nel giorno di Capodanno, seguiti da echi ed urla di gioia.

In ogni caso, notai perfettamente quando le bende sparirono in definitivo dal mio volto, non intaccando più nemmeno un centimetro della mia pelle, lasciandomi lì a percepire l'ondata di aria che si scontrava con la mia palpebra ed il sopracciglio.

Tenni l'occhio chiuso ancora per una serie di secondi, poi lo aprii quando ricevetti il cenno del dottore, a tratti faticando per il fastidio provocato dallo spiraglio di luce che mi accecava, a tratti per la tentennanza generale nel timore che qualcosa andasse storto.

Quando finalmente aprii in definitivo il mio nuovo occhio, venni come benedetto da una visuale completa generale di ciò che avevo attorno, tanto che iniziai a testare immediatamente il raggio del punto di vista, strabuzzando entrambi per focalizzare anche i dettagli più minuscoli in assoluto.

Ci riuscii. Ci riuscii davvero. E la cosa mi rallegrò a tal punto che scoppiai in lacrime senza preavviso, senza trattenere nulla, perché le fibre di gioia sembravano agitarsi in tutto il mio essere, dalla testa ai piedi, come un forte, gigantesco, assurdo tsunami che mi inondava nella sua massa di onde che mi ruotavano nel petto come per formare una spirale.

No, forse perfino una roulette russa, altro che una semplice spirale qualsiasi. Era un grande disordine di sensazioni che si spingevano tra loro per farsi notare, ma un caos estremamente piacevole che mi provocava solo una goduria rimbombante e tempestiva.

Afferrando ossigeno più e più volte, accettai la scala emozionale di buon grado, accettai le lacrime con il sorriso in volto, accettai i lievi singhiozzi e la voglia di mettermi a ridere come un cretino allo stesso momento, ignorando palesemente lo sguardo del dottore, il quale non era chiaro in ciò che stava pensando, ma che non mi strappava neppure cenni di interesse a suo riguardo.

O almeno, fu così fino a che non si schiarì la gola, cercando di attirare la mia attenzione per dire qualcosa: un unica frase, un tono calmo come quello che aveva utilizzato prima.

-Vuoi che permetta alla ragazza di entrare?- chiese, attuando nuovamente lo stesso identico atteggiamento, lo stesso studio a cui risposi un secondo sì senza troppo disturbo, stavolta annuendo e non utilizzando la parola in vero e proprio, portandolo dunque ad allontanarsi e scivolare fuori dalla stanza con rapidità, ricomparendo seguito da Natalie.

Nat, appena apparve, si fermò un secondo, forse spaesata dall'espressione bizzarra che dovevo in faccia, poi aveva accelerato il passo e mi aveva letteralmente circondato in un abbraccio, stringendomi con il suo calore a cui stavo diventando dipendente ogni giorno un po' di più, un abbraccio che poi ricambiai a mia volta, facendomi scappare una risata che doveva sembrare isterica o simili, ma che simboleggiava tutta la gioia che stavo provando in quell'unico e preciso momento.

Abbracciato dalla persona che amavo, recuperando la vista totalmente - una parte che credevo mi avessero strappato via in definitivo, una parte che mi avrebbe reso meno normale di quello che avrei voluto essere - e sentendo come se da un giorno all'altro tutti i problemi che avevo avuto fossero pronti a sparire, almeno in parte, perché dopotutto ero riuscito a superare il peggio quando la percentuale di farcela era stata così stretta ed invisibile, a tratti, da instillarmi il desiderio di spegnere tutto in un modo o nell'altro.

Però non mi ero spento, nonostante tutto. Un po' perché mi avevano aiutato, un po' perché sembrava che il desiderio di vivere avesse mantenuto la mia esistenza, sentendolo aumentare grazie a lei. Alla mia lei. Solo questo pensiero mi faceva ancora fremere ed agitare il sangue nelle vene.

Potevo viaggiare, potevo amare - cosa di cui avevo sempre dubitato prima, anche più del fatto che sarei sopravvissuto - e potevo vivere davvero. Non avrei chiesto di più , ad essere sinceri, sembrava già troppo irreale e anche troppo in tutti i sensi, per uno come me, ma lo avrei accettato, perché quel tutto mi rendeva felice.

E non potevo rifiutare la mia stessa felicità. La avrei accettata a braccia ben aperte, per non dire totalmente spalancate e la avrei stretta proprio come stavo stringendo Nat, così che non potesse più sfuggire al di fuori della mia presa. Neanche per sogno.

Questo capitolo mi sta uccidendoI'm fucking crying

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Questo capitolo mi sta uccidendo
I'm fucking crying

AAAAAAAAAAAAAAAAA

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Ventiquattr'oreWhere stories live. Discover now