Capitolo 123- Nessuno

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Se avessi dovuto raccontarla a qualcuno, probabilmente, l'esperienza del mio risveglio non la avrei trattata precisamente come era giunta

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Se avessi dovuto raccontarla a qualcuno, probabilmente, l'esperienza del mio risveglio non la avrei trattata precisamente come era giunta.

Avrei tralasciato molte cose, come il... Quasi puntare alla gola di un infermiera una siringa, afferrandola dal comodino affianco al letto ?

Sì, un po' esagerato come gesto - per questo lo avrei volentieri lasciato perdere - , ma in quell'esatto momento ero stato convinto con tutto me stesso di essere ancora là, nello stupido videogioco, in mezzo a robot.

Magari ero stato catturato, questo era stato il primo pensiero che mi era passato per la testa, magari l'eliminazione di Max non era stato altro che un sogno.

Magari avevo sognato tutto, perfino Nat stessa, magari mi ero illuso da solo tramite un desiderio troppo realistico...

Poi però mi ero letteralmente schiaffeggiato dopo aver lasciato cadere siringa e difese, venendo accerchiato da medici che mi incitavano a riprendere il senno, realizzando la stupidità di tale pensiero, soprattutto al notare tre cose:

La prima di esse conteneva il fatto che ero in un ospedale, che la donna che aveva cercato di avvicinarmisi non lo aveva fatto per avvelenarmi o robe del genere , ma per controllare il mio stato di salute, a prova di ciò nella sua mano era stata stretta una lucina ed uno di quei suddetti aggeggi di plastica che utilizzavano per studiarti il palato, la gola e la lingua ... E quindi, no, decisamente non cercava di uccidermi.

Non sarebbe stato possibile ammazzare con una lampadina.

Magari con il pezzo di plastica sì, ma solo se con esso mi perforava la gola, però ne dubitavo.

E se non cercava di uccidermi, allora, la soluzione era che, semplicemente, mi trovavo fuori dal gioco.

Fuori.

Fuori per davvero.

Non più nel videogioco.

Come disabituarsi ad una cosa del genere dopo quattro anni di convinzione nel mio esservi e parziale rassegnazione nel rimanervi?

Difficile dirlo.

Se non impossibile.

Perfino ora, che me ne stavo ad osservare dei dottorandi borbottare qualcosa, nel mentre che la nuova donna incaricata del mio attuale check-in - che avessi traumatizzato quella di prima? Era da prendere in considerazione. Soprattutto per via delle sue urla. Nella confusione ero riuscito ad afferrare due parole. Pazzo e demone. Applausi a me stesso, insomma- mi controllava, tenendosi però a dovuta distanza.

Check-in per cosa, poi, se in generale sapevano già tutte le mie problematiche? Qualunque esse fossero, visto che non volevano parlarmene in faccia, seppur parzialmente credevo di conoscerne alcune, tra cui una specifica era la seconda motivazione per cui sentivo che ero davvero fuori da Ventiquattr'ore.

Ventiquattr'oreWhere stories live. Discover now