Capitolo 86- Vado a distruggere il fianco sinistro della nave

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Quando atterriamo, io mi ritrovo direttamente al di sopra della botola chiusa, posizionata nella seconda fazione della nave

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Quando atterriamo, io mi ritrovo direttamente al di sopra della botola chiusa, posizionata nella seconda fazione della nave.

Nicholas e Klaus sono sempre nelle stesse disposizioni che hanno avuto in precedenza.

Tutti i pirati presenti si voltano in nostra direzione, fissandoci con espressioni allibite, tanto scioccate quanto umane, ma allo stesso tempo programmate.

Nei loro sguardi c'è quel luccichio, quel luccichio che dice preda adescata e che farà sparire la paura in una decina di secondi, se non meno.

Stringo il fucile con particolare intensità, inghiottendo saliva ripetutamente e facendo gesto a Nicholas e Klaus di iniziare ad andare.

I pirati non fanno a tempo a tirare fuori le loro, di armi, che semplicemente premo il grilletto, andando a colpire ogni singola 'persona'.

Li guardo cadere uno ad uno, i loro cadaveri crollano: petti e teste perforati da molteplici pallottole che attraversano le loro carni come se queste fossero composte da carta.

E mentre cadono, morti e non morti all'unisono, il mio cervello sente il solito vuoto che lo attraversa quando uccido qualcuno in questo posto.

O forse, in generale, quando uccido e basta.

Non c'è mai disgusto vero e proprio, non c'è insicurezza o indecisione a distogliere la mia mente dall'obbiettivo finale.

La prima volta che avevo ucciso qui, quella...

Quella, insieme alla seconda, aveva visto una miriade di emozioni: paura, rimorso, shock, sensazione di nausea, indecisione, schifo nei confronti di me stesso, senso di colpa, desiderio di fuga, di tornare indietro nel tempo per evitare quello che era accaduto... E soprattutto, percezione incancellabile, la sporcizia.

Sporcizia netta, indelebile, imperdonabile: vedere le mani inizialmente pure e prive di peccato che vanno poi a macchiarsi di rosso cremisi misto a sudore e pioggia, mentre tutto trema... La testa, le mani, le gambe...

Avevo rischiato di perdere i sensi, in quel momento, me lo ricordavo alla perfezione.

Ricordavo il mio battito cardiaco che sembrava esplodermi nella cassa toracica.

Ricordavo il mio fissarmi la bocca, cucita, attraverso una pozzanghera.

E la mia vista si era poi incentrata in un punto preciso, da cui era sembrata incapace di staccarsi per almeno una decina di minuti, ignorando il tempo pessimo e la pioggia che mi crollava addosso : il coltello che era infilato nella giugulare dell'avversario.

Decisamente mi aveva scioccato, quella volta, talmente tanto che non avevo toccato cibo per giorni ed il mio primo tentativo di mangiare, dopo essermi tolto i fili dalle labbra con una difficoltà immane, era finito con il vomitare.

Poi, probabilmente, un po' alla volta dovevo essermici abituato.

E questo esservi abituato ha reso il me che sono ora e che a differenza del primo assassinio ha davvero nulla... nulla di tutto ciò.

Il primo che spunta nel mio campo visivo di non conosciuto, che sia dalla porta della cucina, che sia dal ponte, probabilmente attirato dal rumore degli spari, fa la fine dei precedenti compagni senza che io batta nemmeno le ciglia.

Quando gli avversari sembrano finire, inizio a dirigermi laddove anche gli altri due sono andati con passo lento e silenzioso: le stanze del capitano.

Spalanco la porta rossa e subito lo sguardo di Nicholas guizza su di me, mentre Klaus continua a tracciare il solco circolare viola che sta attuando attorno al pirata, forando il legno al di sotto del lettino su cui è sdraiato.

Philip ha un che di parecchio strano, quasi di sfarfallante, la pelle così bianca da essere paragonabile alla mia... E non credo sia esattamente un buon segno.

Il viola sembra non voler altro che prendergli la mano e la tensione sul suo volto si vede palesemente.

-Inizio a prendere la legna- commento - Vado a distruggere il fianco sinistro della nave-

Nel frattempo che dico questo, cerco con lo sguardo una possibile spada o qualcosa del genere per poter staccare le parti di Red Moon.

Vorrei provare a riuscirvi con i calci... Ma non credo sia appropriato farlo, perciò decido semplicemente di evitare possibili peggioramenti fisici per azioni stupide.

Torno ad uscire dalla stanza, raggiungendo nuovamente la parte dove più o meno ero già anche prima, passando da cadavere in cadavere fino a trovare un uomo con una sciabola.

La faccio scivolare al di fuori del suo fodero con attenzione, vedendo la lama brillare al di sotto della luce del sole che picchia contro di essa, provocando un leggero irradiare generale.

E subito vado verso la parte più a sinistra della nave, cominciando a scaraventare la sciabola contro la superficie legnosa a ripetizione, strappando pezzi dopo pezzi, stando attento, in contemporanea, a guardarmi attorno abbastanza bene, così che nulla possa prendermi troppo di sorpresa.

E nel mentre che continuo nelle mie azioni, non posso non chiedermi cosa stia facendo o pensando la rossa in questo momento, mentre un immagine chiara e pulita mi sale alla testa.

Quel suo sguardo di determinazione, fiero e testardo più di un mulo, che sembra darmi tutto senza nemmeno che io apra bocca per chiedere.

Quel suo sorriso gentile e speciale che mi fa venire voglia di sorriderle a mia volta, seppur la mia bocca sia così... Sfregiata ... Che forse sarebbe meglio che non vi provassi neppure.

Vado a stringere la mandibola, serrandola con tensione, proprio come si sta chiudendo anche il mio stomaco al solo pensiero di come debba apparire orribile al suo osservarmi, ma come, allo stesso tempo, non lo mostri minimamente e continui a sorridermi nella stessa maniera.

"Forse dovrei riprendere ad indossarla" penso, afferrando uno dei pezzi di legno che ho quasi completamente staccato dalla nave ed appoggiandolo dietro di me sull'ormai catasta che ho formato in mezzo ai miei pensieri su Nat.

Mi gratto la base del collo, chiedendomi brevemente se prenderne altra o meno e mi getto sul momentaneo sì.

Qualche altro pezzo, massimo due o tre, poi tornerò dagli altri due e daremo fuoco e fiamme a quelle entità tanto disgustose da vedere quanto schifose da sentire addosso.

L'unico istante in cui mi aveva preso la gamba era bastato per incidermi la sensazione molliccia  ed umida addosso, abbastanza da permettermi di rievocarla al solo pensarci ancora per qualche secondo.

L'unico istante in cui mi aveva preso la gamba era bastato per incidermi la sensazione molliccia  ed umida addosso, abbastanza da permettermi di rievocarla al solo pensarci ancora per qualche secondo

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