Capitolo 132- Ma Perché Affrettato?

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-Come ti senti? - chiese la dottoressa, scorrendo con una mano tra le pagine del mio file, mostrando una completa disinvoltura

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-Come ti senti? - chiese la dottoressa, scorrendo con una mano tra le pagine del mio file, mostrando una completa disinvoltura.

La donna aveva dei capelli castani, legati in una stretta coda, tirata poi su da diverse mollette ed un paio di occhiali squadrati sul naso, ma soprattutto aveva un viso severo, corrugato, antipatico perfino.

Il suo nome, scritto in un Corsivo nero di buona calligrafia , mi capitò sotto il naso, anche se particolarmente non mi interessava.

'D.ssa Alyssa Marion Hosten'

-Sto bene- feci di tutta risposta, battendo le palpebre un paio di volte, andando ad afferrare le mie lenti e pulendole in fretta, cercando di non mostrarmi infastidito.

Già, infastidito poiché quella notte non ero riuscito a chiudere gli occhi dal nervosismo.

L'idea di avere gli ultimi controlli e poi di poter lasciare finalmente quella stanzina mi aveva tolto tutto il sonno, anche se avevo davvero provato a dormire decentemente era stato un plateale fallimento da questo lato... E purtroppo parzialmente lo sentivo adesso.

Non riuscivo infatti a focalizzare particolarmente e a tratti mi si chiudevano gli occhi dalla sonnolenza.

- Il fianco ti fa ancora male?- insistette in seguito la donna, scrutandomi con attenzione, il sopracciglio innalzato.
Scossi rapidamente la testa - Non molto.-

Era vero.

Il dolore dovuto al colpo di pistola sembrava essere sparito, almeno abbastanza da non disturbarmi con la sua presenza, precedentemente risultata a dir poco insopportabile, tanto da non permettermi di stare seduto a lungo.

La dottoressa scrisse rapidamente nel foglio, ticchettando poi i propri occhiali con il tappo della penna, riportando lo sguardo su di me dopo qualche attimo.

- Ti gira la testa? - chiese ancora, sempre seria come prima, tanto fredda che probabilmente a chiunque sarebbe venuto un brivido lungo la pelle.

Sinceramente, non riuscivo a non chiedermi se fosse sempre così o se magari era un atteggiamento che si portava a dietro soltanto a lavoro.
Risposi comunque alla domanda con un no, aspettando che ella procedesse nel suo interrogatorio sanitario, cosa a cui no, non ci volle molto, anzi.

-Ti ricordi come cambiare le fasciature? -

Annuii: lo avevo visto fare così tante volte nei giorni di ospedale che mi sarei meravigliato se me ne fossi dimenticato, in realtà.

E poi, anche se fosse stato così, ero più che sicuro che vi sarebbe stata Dea a recapitolarmi tutti i passaggi, sottolineandone l'importanza e puntualizzando che non voleva perdere un possibile cognato - un commento che mi aveva fatto arrossire parecchio al sentirlo, seriamente -

-Hai qualcuno che ti dà una mano a casa? -

Un altro annuire frettoloso e quasi distratto.

Nella mia testa non aspettavo altro che mi permettesse di alzarmi da quella sedia e di filarmela il più in fretta possibile verso la destinazione che il mio cervello non poteva più non cercare.

-Ti ricorderai di prendere le medicine? -

- Sì- feci, sincero - Me le sono scritte tutte e ho intenzione di mettermi i soliti specifici orari nella sveglia del telefono, così da non rischiare di dimenticarmele-

La signora Hosten parve parzialmente soddisfatta dalla risposta, rimanendo comunque nella sua gelida freddezza, come se non avesse voluto i dettagli o altro.

Forse, in effetti, avrei potuto evitare di dirglielo, ma era anche un modo di rimandare a me stesso di mettere appunto la sveglia e soprattutto del fatto che me le ero scritte, cosa che significava controllare l'agenda ogni giorno per imparare a memoria i loro nomi nel caso del doverle riacquistare e di essermi scordato appunto l'agenda - le probabilità erano minime, ma meglio non rischiare! Non si poteva proprio sapere - .

Osservai la donna annotare qualcos'altro sui suoi fogli, poi finalmente ella si alzò in piedi, portandomi a fare la stessa identica cosa, di scatto.

-Tornerai per un ultimo controllo nelle prossime settimane... - fece Alyssa, allungandomi tre fogli piene di scritte da computer, assolutamente minuscole, con poi una specifica svolta a penna che però, per me, era incomprensibile.

Era quel tipo di parola in 'dottorese' - o almeno così lo chiamavamo io e Philip, ovvero quelle scritte fatte con il codice da dottore che, ovviamente, solo i dottori comprendevano.

-... ma puoi uscire dall'ospedale. - aggiunse sempre la castana - Mi raccomando di continuare a prendere le medicine- aggiunse nuovamente, con un tono abbastanza irritante a cui non feci commenti di nessun tipo.

Avevo davvero bisogno di uscire da lì - non dall'ospedale in sé ovviamente , ma da quel reparto - , ci ero rimasto anche troppo a causa fila generale e numeri ritardatari e no, non avevo intenzione di aspettare altro.

Volevo solo poter raggiungere Philip, non chiedevo sinceramente altro.
Sì, okay, avevo aspettato quattro anni, in un certo senso mezz'ora o un ora intera non aveva importanza, ma proprio per la troppa attesa iniziale, non avevo voglia di aspettare anche solo un po' di più.

Sprecare altro tempo? Assolutamente no, sembrava quasi un insulto attendere ancora.

Anche se, sinceramente, mezz'ora era davvero poco rispetto a tutti i giorni della mia restante vita a partire da oggi... sempre che anche lui lo volesse.

E che lo accettasse.

E che non lo trovasse affrettato? Ma perché affrettato?

Ok, dovevo smettere di farmi problemi e soprattutto di pensare, anche perché le domande che mi stavo facendo erano di troppo e nella mia testa a tratti non avevano neanche senso.

Con comunque un fremito ed un enorme voglia di vederlo, non riuscii ad accettare la palese lentezza dell'ascensore, decidendo che un piano o due di scale non mi avrebbe dato nessun fastidio, anzi, che probabilmente mi avrebbe fatto bene dopo tutta quella inattività.

Di certo non mi sarei aspettato di trovarmi al piano di sopra con un fiatone tremendo, o forse parzialmente sì, ma neppure così tanto! Era incredibile come solo un giro mi facesse quello che di solito mi strappava solo un totale di sei piani.

Ma il fatto era che non avevo calcolato appunto anche i quattro anni di immobilità, sentendomi mentalmente come se il mio stato fisico fosse solo quello che avevo sempre avuto nel videogame e non quello di una persona praticamente ibernata, con solo il cervello in movimento.

"Mi sa che dovrò prendermela con calma o non ci arriverò affatto alla stanza di Philip"

"Mi sa che dovrò prendermela con calma o non ci arriverò affatto alla stanza di Philip"

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Scusate per l'attesa aaaaaa
Io boh.
Siamo agli ultimi, ma riesco davvero ancora a farmi venire i blocchi da scrittrice a random lol
DEVO RIUSCIRE A CONCLUDERE QUESTO VOLUME UNO, CHRIST.

Ventiquattr'oreWhere stories live. Discover now