-4-

6.4K 285 56
                                    

La suoneria del cellulare mi sveglia, una musica troppo frenetica e veloce, eppure ho dovuto impostarla in questo modo e scegliere la peggiore, o non riuscivo proprio a sentirla.
Ancora schiavo del buio, muovo il braccio sul comodino e urto qualcosa che cade a terra con un ticchettio sommesso. Probabilmente la custodia dei miei occhiali da lettura.

La ritroverò più tardi.

Agguanto il cellulare, schiaccio lo schermo con il dito e trascino la striscia nera fino alla cornetta verde, la vedo tornare indietro e devo fare altri due tentativi, prima di riuscire a rispondere.

«Pronto?»
Ho la voce impastata dal sonno, do un colpo di tosse e schiarisco la gola.
Lancio un'occhiata alla sveglia e la osservo coperta dalla maglia messa lì una settimana prima. Per una volta in cui avevo bisogno dell'orario, ovviamente la t-shirt non è scivolata come invece accade sempre.

–Damien?–
Cavolo, fatico a riconoscere la voce e mi tiro su poggiandomi allo schienale del letto.

«Pronto?» ripeto schiarendomi di nuovo la gola per non essere preso per uno strano orco con il tono roco pronto a mangiare i poveri bambini di turno.

–Ma come dici pronto? Non hai letto il mio numero?– Il tono è divertito, quasi canzonatorio, e la cosa mi infastidisce parecchio.

«Daniel» dico secco piegando le labbra in una smorfia bassa che lui, però, non può vedere.
Spero abbia un valido motivo per giustificare la chiamata.

–Ho da fare una commissione dalle tue parti e volevo avvisarti, prima di piombare a casa tua per costringerti a percorrere il tragitto assieme.– Ascolto il suono del clacson dall'altro lato della chiamata e i soliti rumori del traffico.

«Ok, perfetto.» Mi alzo e strattono la stoffa dalla sveglia, fissando i numeri brillanti in rosso.
Le sette e mezzo.
La scuola inizia alle otto e mezzo e io ci metto poco meno di venti minuti per arrivare a destinazione.
Grazie, Daniel, tanto di solito dormo pochissimo di notte, quindi mi fa piacere essere svegliato presto.

Chiudo le palpebre e sospiro. «Ci vediamo giù» commento e attacco senza aspettare la risposta.
Non ha senso lamentarsi: la prossima volta si comporterà alla stessa maniera, perché lui è fatto così.
Mi preparo veloce e indosso un pesante scalda collo di lana tirato fin sul naso. Daniel avrà in mente di attardarsi lungo il tragitto e non posso prendere un malanno a causa sua.
Percepisco dei rumori provenire dalla cucina e scorgo mio fratello di spalle intento a prepararsi una tazza di caffè.

Strano.
Di solito non è così mattiniero.
Colpisco lo stipite con la punta della scarpa e lui si volta nella mia direzione. «Ah, Damien. Volevo giusto scambiare una parola con te.» Si avvicina poggiandosi alla porta, ha la posa rigida e gli occhi guizzano altrove per un istante.

Mi faccio attento. Non sarà niente di buono, ne sono certo.

«Domani, dopo la tua terapia in ospedale, passerò a prenderti. Sono riuscito a ritagliarmi un momento dal lavoro, così andiamo a trovare la mamma.»
Lo dice come se niente fosse, eppure lo vedo in superficie il suo turbamento dovuto al discorso, lo stesso che solca il mio viso fino a renderlo una lastra di pietra pronta a screpolarsi al minimo soffio di vento.
Abbasso lo sguardo sulle scarpe e stringo la mano attorno alla bretella dello zaino, si conficca nella pelle e il tessuto ruvido mi graffia.
Non poteva darmi notizia peggiore; bel modo di iniziare la giornata.

«Come vuoi» rispondo vago, sento le lacrime sul ciglio del dirupo, battono con forza e si sporgono prepotenti, eppure io non posso farle uscire, non adesso.

«Damien, sono trascorse tre settimane...» tenta di giustificarsi e io mi volto.

«Non ho tempo, scusa. Daniel mi aspetta giù.» Lo liquido affrettandomi a guadagnare l'uscita.
Devo andarmene. I muri della casa mi stanno schiacciando sotto il loro peso e il tetto si sta sgretolando sulla mia testa.
Poco prima di uscire sento il sospiro addolorato di mio fratello.
Non vorrei comportarmi così, dopotutto siamo sulla stessa barca, però è più forte di me: alcuni discorsi tirano fuori il mio lato peggiore e mi spingono ad affrontare i problemi con l'indifferenza, piuttosto che utilizzare comprensione e solidarietà.
Una facciata da poter mostrare solo a lui: l'unico in grado di comprendere a fondo il mio dolore.

DestinoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora