<107> Nathan.

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Soffio fuori il fiato ancora una volta, una volta sola.
Mi fisso allo specchio e spazzolo i capelli con le mani, rimettendo in sesto i ciuffi ribelli color del grano.
Sono agitato, come se questo fosse il primo compleanno passato fuori in tutta la mia intera vita.
Non è così, eppure non riesco a frenare l'adrenalina e l'emozione che vorticano dentro di me.

Le labbra si alzano senza volerlo, una reazione dettata dal mio stesso corpo, capace di farmi sorridere da solo come uno scemo.
Sistemo la maglia e allargo il colletto troppo stretto, o forse lo sento stringere per colpa della situazione.
Nell'udire il campanello per poco non compio un balzo, il cuore in gola che scalpita.
Dove andremo? Sarò in grado di tenere una conversazione e rendermi partecipe?
Andiamo, Nathan, si tratta del tuo fidanzato, non un estraneo.

Fidanzato.

Mi si chiude lo stomaco. Sono troppo agitato, decisamente più del normale.
Respiro forte gonfiando i polmoni. Forza, sono uscito spesso anche con Isaac il giorno del mio compleanno.
Sarà la solita routine, niente di diverso.
Scuoto la testa. Daniel è diverso. Daniel è unico.

«Va bene. Sei pronto» dico a me stesso tranciando di netto i pensieri, lanciandomi un'ultima fugace occhiata allo specchio.

Ascolto le voci dei miei genitori dal salottino. Come al solito quella di mia madre squilla più delle altre. Ridono entrambi all'unisono e, inevitabilmente, sorrido anch'io, sebbene non sia riuscito ad ascoltare la battuta.
Mi affaccio quel tanto che basta ad ammirare lo scenario senza essere scorto.

Daniel indossa una camicia celeste chiaro che mette in risalto la sua pelle abbronzata, le maniche arrotolate sugli avambracci; un paio di jeans attillati bianchi gli fasciano completamente le gambe; le scarpe nuove sono adornate dai lacci fosforescenti blu elettrico da cui ormai non si separa più.

Il suo modo di vestire, però, non mi incanta quanto il suo volto: raggiante, a proprio agio, brillante.
Gli occhi non sono mai sembrati così tanto luminosi come in questo momento.
Percepisco una lieve tensione nella posa, un particolare visibile solo a me.

«Perdona mio figlio. A volte è peggio di sua madre quando si tratta di vestirsi» dice mio padre e Daniel ride.

«Grazie dell'avviso, Jhon. La prossima volta arriverò un po' più tardi invece di puntuale» risponde ammiccando.

Sospetto che i miei genitori abbiano compreso il nostro rapporto, sebbene io non ci siano state parole a riguardo.
Ho scelto di tenere nascosta la mia unione con Daniel e non parlarne apertamente.
Chiamiamola scaramanzia.

«Guardate che sono qui» mi intrometto avvicinandomi.

I suoi fari verdi mi illuminano come un bagliore nella notte. Non si muovono, eppure sembrano scrutare ogni mio centimetro, inondandomi con un sentimento forte e deciso.
Magnifico in ogni sua essenza.

«Ehi» mi saluta, resistendo alla tentazione di prendermi per mano. Lo farà lontano dalla mia famiglia.

«Ti sei portato una felpa?» domando corrugando la fronte, osservando la sua sola camicia leggera.
È un ottobre non troppo freddo, ma l'aria resta comunque frizzante.

Sbuffa e alza gli occhi al cielo. «Ti prego... con Damien alle calcagna, come potevo dimenticarla? L'ho lasciata sulla moto» spiega e indica alle sue spalle con un cenno del volto, dondolando i due caschi in una sola mano.

Gioco con la maglia tra le dita.
Sì, sono un po' infastidito da questo rapporto intimo, anche se non lo ammetto apertamente.
L'unione tra loro due è come una corda stretta; non c'è spazio neppure per un filo di vento.
Tuttavia, uscendo fuori da una relazione basata sull'ossessione e la gelosia, mi tengo lontano da questi sentimenti.
E poi, ho imparato a conoscere Daniel e posso dire che, quando prende un impegno, lo rispetta.

DestinoWhere stories live. Discover now