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Mi riscuoto infastidito quando una mano mi passa davanti al volto, muovendosi con insistenza. Lancio un'occhiata storta a Daniel e lo vedo alzare le sopracciglia.

«Qualcuno si è svegliato con la luna di traverso, eh?» commenta fissandomi con un mezzo ghigno.

Magari mi fossi addormentato; non ho chiuso occhio per l'intera nottata.
L'immagine di mia madre continuava a tormentarmi, le parole scritte nel diario erano stampate a fuoco nella mia mente.
Morale della favola? Sono uno straccio, la classica faccia di un Damien zombie: pallido; occhiaie marcate; cipiglio funereo.
Un perfetto mix per iniziare bene una meravigliosa gita.

Prendo un bel respiro e tiro la bocca verso l'alto, il mal di testa mi pulsa nelle tempie facendo dolere anche l'arcata degli occhi.
«Non ho dormito molto, mi spiace» rispondo controvoglia faticando a mantenere quella smorfia di circostanza.

Dov'è finito il buon umore dell'altro giorno? Quello che, per un momento, è stato capace di accantonare il panico e i brutti pensieri, fino a sostituirli con la sfida da attuare contro Amelia?

Puff... Svanito in una manciata di secondi.

Ora mi sento peggio di prima, anzi, oltre a tutti i problemi in mio possesso, si è affacciato un sentimento nuovo, uno che avevo faticosamente tenuto a bada e rispedito in basso: la rabbia.
Desidero rispondere male a chiunque, mangiarli vivi, se possibile, o gridargli in faccia quanto li odio e quanto vorrei vederli scomparire.
Invece devo stare calmo, ripassare mentalmente le mie facce migliori e tirarle fuori per i prossimi tre giorni così da allestire il teatrino aperto ventiquattrore su ventiquattro.

Tre giorni d'inferno.

«Posso rimettere le cuffie, o devi dirmi altro?» domando scocciato tenendo in mano gli auricolari da dove proviene una lenta melodia strumentale.

Daniel ride alzando le braccia in sua difesa. «Fai pure senza nessun problema. Solo che...», imita il gesto di passarmi qualcosa, «... Rimetti gli occhi in dentro, non hai bisogno di aggredirmi» conclude, scuote il capo con uno sbuffo e torna a leggere la rivista di auto e moto.

Daniel non capisce. È già troppo che io gli abbia risposto così pacato; non può chiedere di più.
Sono una bomba pronta all'esplosione.
Però, lui non c'entra niente, e ha ragione.

«Scusa, non è la mia giornata, oggi» ammetto sinceramente dispiaciuto. Annuisce, eppure non stacca l'attenzione dalle figure.
A quanto pare non sono il solo ad essersi svegliato in malo modo.

«Come sta Roberta?» domando accantonando l'idea di ascoltare la musica.
Daniel è il mio unico amico, mi ha sopportato in momenti peggiori di questo, e dovrei essergliene riconoscente.
Io, fossi al posto suo, non starei mai vicino a uno come me.

Deglutisce e fa una smorfia. «L'ho lasciata con la solita vicina. Spero che anche questa volta mio padre non le vada a rompere i vasi nel giardino, gridando ubriaco. Non ho nessun'altra persona alla quale affiderei mia sorella» dice sconsolato.

È preoccupato, e lo sarei anch'io, se avessi avuto un genitore del genere.

«Dai, andrà tutto bene. La tua vicina è una persona in gamba» commento rammentando la corporatura di quella donna: la classica signora ben piazzata, una di quelle che non teme di usare le maniere forti o spaccare qualche dente, ma dolce e tranquilla con chi non ha la sfrontatezza di pestarle i piedi.

Daniel ride. «Certo, e magari sarà proprio lei a liberarmi del peso di quell'uomo.»

Triste, ma vero.
Spesso non scegliamo la nostra famiglia, e c'è chi è più sfortunato di altri.
Annuisco pensieroso e lancio un'occhiata oltre il finestrino dell'autobus: il paesaggio è spoglio; gli alberi senza foglie ondeggiano sospinti dal vento; una pioggerella leggera colpisce il vetro lasciando una moltitudine di goccioline.
Che darei per essere ancora nel mio letto, le coperte tirate fin sul naso e la sensazione di solitudine a tenermi compagnia.

DestinoWhere stories live. Discover now