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Apro gli occhi: sono pesanti così come il resto del corpo.
Mi fanno male le ossa e percepisco in lontananza un vago mal di testa, punge con insistenza un solo angolo delle tempie, preme e preme e a breve diverrà più forte, me lo sento. Forse vorrà vedermi gridare e strappare i capelli, non so.
Fisso il led rosso brillante, come sempre fastidioso. Non ho neppure la forza di alzarmi per coprirlo.
Lo lascerò lì a ricordarmi la sua vittoria momentanea.

Mi giro nel letto e abbraccio il soffice cuscino, poi lo rigiro e sospiro di sollievo per il fresco della federa. La sensazione data dalle lenzuola mi rasserena, e vorrei rimanere qui sotto per sempre.
Mancano poco più di dieci minuti alla sveglia, poi sarò costretto ad andare a scuola. Il breve lasso di tempo passa in un baleno e il trillo fastidioso riempie la stanza. Diamine, quando preghi che i minuti vadano avanti veloci, accade tutto il contrario. Speri in un rallentamento e, senza sapere come, sei già arrivato alla soglia.

Forza, Damien. Un passo dopo l'altro, niente paura.

Trascino le gambe verso il bagno come uno zombie dei film; mi mancano solo il verso gutturale, i vestiti strappati e il corpo decadente. La camminata c'è, così come le braccia ciondolanti.
Stringo la ceramica del lavabo con uno sbuffo e non mi ricerco nel mio riflesso, anzi, mi ignoro. D'un tratto avverto il suono di una musica ovattata, le pareti vibrano un pelo.
Aggrotto la fronte.
Non è da mio fratello ascoltare la radio a così alto volume.
Apro la porta e mi affaccio verso il corridoio.

Niente.

Fisso la finestra, il vetro smerigliato ricambia l'occhiata.
Verrà da fuori?
Inclino la maniglia di ferro e tiro, sporgendomi quel tanto che basta da permettermi di scorgere il balcone vicino a pochi metri dal nostro.
La melodia proviene dalla casa accanto. I nuovi vicini si stanno dando alla pazza gioia, non c'è che dire.

Poggio i gomiti al davanzale e cerco di capire la canzone; solo quando arrivano le parole il titolo mi torna in mente.
"Who Wants To Live Forever", dei Queen.
Come non riconoscerla.

Sussulto nel sentire una voce femminile iniziare a cantare a squarciagola.
Sarà Amelia?
Appena giunge il ritornello alza ancora di più il tono, ci mette passione e sentimento, sembra quasi come se dovesse partecipare a uno di quei talent per superare le selezioni.

Peccato sia stonata come una campana.

La mia immaginazione viaggia: la vedo tenere in mano una spazzola, occhi chiusi e bocca aperta.
Strano.
L'ho incontrata soltanto un paio di volte e già la penso mentre compie un'azione così precisa.

Avverto la loro porta sbattere contro il muro e la voce di sua madre strillare più di lei.
«Amelia, per l'amor di Dio! Hai finito con questo pianto? Un cane riuscirebbe a cantarla meglio!» È disperata.

Alzo le sopracciglia. Paragonare la figlia all'ululato di un cane?
Davvero delicata.

La melodia si abbassa di colpo.
Mi attardo ancora un po', giusto il tempo di sentire la sua risposta piagnucolosa.
«Ma mamma, come hai potuto interrompere il pezzo più bello? Arrivava l'ultima strofa dove avrei messo tutta la mia grinta!»

Sua madre non le dà tempo per continuare. «Se Freddie non fosse morto, verrebbe certamente a dirtene quattro! Adesso preparati, prima che qualcuno si presenti alla nostra soglia a pregare di smetterla.»
La porta sbatte di nuovo.
Fine della discussione.

Amelia borbotta qualcosa, chiude la finestra e il silenzio torna a impadronirsi della scena.
Sogghigno. Meglio di uno spettacolo comico.

Dopo essermi preparato, imbocco in fretta il corridoio.
Per ascoltare i loro battibecchi quasi corro il rischio di fare tardi a scuola.
Passo oltre a mio fratello e lui mi rivolge un'occhiata veloce, poi riporta l'attenzione sul giornale; si concede solo un sospiro.
Dalla mia fuga dell'altro giorno non ci siamo più rivolti la parola.
Sopra di noi è come se fosse calato un velo di imbarazzo e malinconia.
Be', non siamo comunque soliti scambiarci doni e fiori, ecco.

DestinoWhere stories live. Discover now