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L'aria è fredda, nuvolette di vapore si sollevano dalla mia bocca disperdendosi poi verso l'alto.
Stringo la sua mano. È calda, sebbene le temperature siano scese di molto, forse sotto lo zero.
I suoi occhi nocciola mi guardano e sembrano sorridere colmi d'amore.
Siamo complici di "un'uscita pazza", come la chiama lui.

Mio padre si è reso subito partecipe e non ha avuto un attimo di esitazione, anche se Jason ha avuto di che lamentarsi.
«Per me non lo fai mai» ha piagnucolato incrociando le braccia.
Sono il figlio minore; è normale ci siano favoritismi.
Sorrido.
Non si tratta solo di questo: sono il suo confidente, il suo migliore amico.
Proprio come mio padre lo è per me. Non ho mai avuto bisogno di altro. Solo di lui.

«Non passare vicino all'acqua» si raccomanda e indica una pozzanghera larga sull'asfalto.
Trilla il cellulare e lo tira fuori dalla tasca. Fissa per qualche secondo il numero sullo schermo, subito dopo schiaccia il tasto verde.
«Pronto, amore?» annuisce guidandomi gentile sul marciapiede.
«Tranquilla, stiamo tornando», sorride bonariamente, «la tua metà sta tornando.»

Attacca.

Stringo tra le dita la maniglia della busta di plastica dove custodiamo i nostri gelati preferiti.
Non vedo l'ora di mangiarli.
«Allora, Dami, dove si va domani?» Mi guarda, felice quanto lo sono io.
Si tratta della giornata in giro per il mondo.
Be', tecnicamente non giriamo il mondo, ma il semplice fatto di passare assieme tutto quel tempo a esplorare, fa salire l'emozione.
È il nostro passatempo: cercare piccoli segreti custoditi in diversi angoli della città.

Quand'ero più piccolo mi stupivo di trovarne sempre di nuovi e, ovviamente, mi domandavo chi fosse stato a nasconderli.
Con il tempo ho compreso la verità, anche se non l'ho mai dato a intendere.
È stata opera di mio padre: ha la passione per i misteri e ha voluto estenderla anche a suo figlio.
Mi sento speciale.
Così fortunato.
Lo guardo e provo un immenso orgoglio nei suoi confronti.
Vorrei che fosse già domani.

Il suono dei pneumatici sull'asfalto.
Fari lampeggianti negli occhi.
Il grido dell'anima che spezza il silenzio.

***

Spalanco le palpebre. Resto immobile.
Una striscia di sole penetra attraverso le persiane socchiuse e illumina la sedia sotto la scrivania, la sua angolazione dà quasi la sensazione di attendere una presenza disposta a sedersi.
Non provo nulla per qualche istante, come se fossi ancora immerso in un sogno, mi sembra di fluttuare lungo le strisce del tempo. Poi la tristezza prende il sopravvento e mi sento sprofondare nella malinconia, una caduta libera verso la realtà.
Percepisco l'emozione di quella sera anche dopo gli anni trascorsi.

Tutto distrutto in una manciata di secondi.

Mi metto a sedere e poso le mani in grembo. Non sono più il ragazzo di una volta; il vecchio Damien è bello che sepolto.
Niente riuscirà a riportarlo a galla, neppure un miracolo, visto che non credo a queste stupidaggini. Tolgo le lenzuola dal corpo e le getto di lato in modo scomposto.

Inutile piangersi addosso. Il passato è passato.

Vado al bagno e lancio uno sguardo allo specchio, soffermandomi a fatica sul mio riflesso: sono pallido, le occhiaie solcate contornano gli occhi, la bocca tiene gli angoli piegati verso il basso.
Puoi farcela, Damien. Giorno dopo giorno.
Tanto è questo che ti ripeti, no?

Mi volto a fissare la finestra da dove entrano con prepotenza le dolci note della musica.
Amelia sta cantando come ogni mattina e a nulla sono servite le lamentele di sua madre.
Quella ragazza è testarda.

DestinoWhere stories live. Discover now