<83> Daniel.

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Questo odore.
È lei la fonte. Lei profuma di frutti di bosco.
Afferro di getto il polso di Coraline e lo stringo con forza, percepisco persino l'osso debole al di sotto della pelle morbida. Sussulta spaventata, lo stesso fanno le altre due e mi lanciano occhiate strane, una di loro sta persino pensando di strattonare la sua amica per allontanarla da me.

Calmo, Daniel. Sarà una coincidenza.
Una semplice coincidenza.
Frutti di bosco.
Un'assurda coincidenza.
Frutti di bosco sul corpo di Roberta.
Sì, proprio così.
Freddie, il fratello di Coraline.

«M-mi fai male» si lamenta lei e mi fissa spaurita, una pozza dentro cui mi specchio per osservare la verità trapelare dalla sua innocenza: è soltanto una ragazza privata della vita negli occhi; una ragazza persa; una ragazza piegata da un peso invisibile.
La lascio andare e la mia mente inizia a vorticare, non riesco a tenere il filo e vorrei solo gettarmi fuori di qui e gridare, gridare fino a sentire le corde vocali tendersi e strapparsi. Mi sento un tornado in totale libertà in grado di mangiare tutto sulla sua strada senza lasciare sopravvissuti, e forse cadrò in preda alla follia, una volta terminato il giro.

«Daniel?» mi richiama a sé Manuel mentre arranco tra la folla, poi si avvicina e mi sostiene per un braccio nel vedermi barcollare.

«Scusa, devo andare a prendere la mia moto» mormoro compiendo un passo in avanti, sebbene lui mi stia tenendo forte per un polso, impedendomi di camminare oltre.

«Sei pazzo? Vuoi metterti alla guida in questo stato? Hai bevuto troppo» ribatte serio e io digrigno i denti, la rabbia striscia sinuosa nella mia gola e ci mette un secondo per uscire e sputare veleno.

«Cosa vuoi, ancora?» urlo, «vatti a fare un giro, adesca qualche ragazzino e sbattilo nei bagni, anziché pensare a me» continuo dando voce ai miei pensieri più instabili, ma tanto la maggior parte delle mie parole vengono inghiottite dalla musica e di sicuro neppure gli arriveranno alle orecchie. Giusto?
Lui si limita a fissarmi e, un secondo dopo, solleva lento un dito alla volta fino a lasciare completamente il mio polso, dopodiché si gira e viene presto inglobato dalla gente.
Se ne sta andando. Un ragazzo normale sarebbe rimasto.

«A-aspetta, Manuel» supplico pentito, il suono dei bassi mi fa battere le orecchie e scuotere il petto.
Mi guardo attorno e noto che non c'è nessuno dei miei amici, sembrano spariti proprio nel momento del bisogno, in cui ho necessità di essere accompagnato altrove: ovvero a spaccare la faccia a Freddie.
Dio Santo, è una vita che avrei dovuto farlo, sin da quando ha minacciato Damien durante la gita. E invece mi sono mantenuto basso, il solo cartellino giallo ad ammonirlo. Quel semplice profumo, però, ha slegato la corda, la catena che mi teneva ancorato al muro e ha tinto di rosso quel misero foglietto tra le mie dita.

Sono una bestia in libertà.

Non pensavo che la causa di ogni problema fosse proprio lui, il ragazzino con cui ho condiviso tanto all'ombra degli alberi del suo viale, durante i pomeriggi torridi dell'estate; lo stesso pronto a bisbigliare le canzoni spagnole messe su da suo padre, per poi negare di averlo fatto; il tipo che, con la crescita, ha raggiunto una serietà invidiabile esteriormente, ma interiormente ancora disposto a cedere ad azioni sciocche e divertenti.
Scuoto la testa passandomi una mano tra i capelli e la lascio lì, immobile.
Stupido. Come ho fatto a non pensarci prima? Non gli è bastato ferire Damien, voleva di più, e si è macchiato di una colpa nera come la notte.
Percepisco una presenza familiare al mio fianco e mi specchio di nuovo nelle iridi scure di Manuel.

«Andiamo, ti accompagno» dice muovendosi in avanti senza neppure darmi il tempo di riflettere. Seguo la scia dei suoi passi e lo afferro per la mano, lego le mie dita alle sue e già mi sento più tranquillo.
Un gesto senza pensare, un gesto infantile e anche un po' di scuse per averlo trattato in maniera sgarbata. Con la coda dell'occhio lo vedo sorridere, o forse si è trattato di un gioco di luci, non so.
Mi siedo sul sedile del passeggero e incrocio le braccia, la strada come unico obiettivo e la via da raggiungere ben stampata nella mia mente. Manuel mi guarda di sbieco ed emette un sospiro paziente.

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