<112> Epilogo.

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Socchiudo gli occhi e li punto sul quadrante della sveglia sopra la scrivania. I numeri rossi lampeggiano, la musica si solleva ritmica e fastidiosa.
Ho più volte minacciato di toglierla di mezzo e utilizzare il telefono, eppure la lascio sempre lì.
È una costrizione ad alzarmi e, nel tragitto per arrivare a lei, alla fine mi sveglio. In sostanza, si tratta di un promemoria costante della mia debolezza verso il sonno.
Poso i piedi sul parquet e mi avvicino sbadigliando. Schiaccio il pulsante e lancio un'occhiata alla maglia a terra.

Oltre che a cadere nel vuoto, non è mai servita a nient'altro. Sembra farmelo apposta.

Passo una mano sul collo e lo sento sudato, così come il resto del corpo.
Agosto non è iniziato nel migliore dei modi: caldo torrido e afa senza eguali.
Afferro qualche cambio e mi accaparro il posto in bagno prima che ci arrivino altri, lasciando scorrere l'acqua della vasca per portarla a un valore tiepido. Qualcuno ha detto che, durante l'estate, è consigliato lavarsi con dei gradi non troppo freddi, così da non scatenare una reazione avversa tra la differenza di temperatura del dentro e il fuori, aumentare i battiti cardiaci e tornare a sudare dopo un secondo.
Da quando ascolto queste voci di corridoio?
Vorrei solo gettarmi sotto lo scroscio gelido e cancellare ogni traccia di calura.

Durante l'attesa mi vedo riflesso nello specchio e resto fermo per un minuto buono a guardarmi, a riscoprire ogni sfaccettatura di me.
Il sorriso non dà cenni di voler scomparire; sarà dovuto all'adrenalina della giornata.

Una meta importante e sperata.

Lascio andare un sospiro di beatitudine mentre passo il sifone sul corpo. Non uscirei mai di qui.
D'un tratto ascolto il suono della maniglia, si abbassa e si rialza trovando, però, la porta chiusa a chiave. Ormai non siamo più soltanto io e Jason in casa, e non posso permettermi di lasciare aperto con il rischio di andare incontro a spiacevoli situazioni imbarazzanti.

«Dami?»

Sbuffo e ripongo l'oggetto nell'apposito sostengo di metallo. Stando attento a non cadere poso i piedi sul tappeto soffice e mi affaccio.
Sto gocciando ovunque, mi toccherà pulire per bene una volta finito.
Punto lo sguardo sul volto di Daniel e lo vedo scoccarmi un'occhiata complice.

«Ho bisogno di una doccia fresca, fammi entrare» dice schiacciando la mano sul legno con la chiara intenzione di invadere i miei spazi.
È possibile che si sia alzato negli ultimi mesi, tanto da superarmi di altri centimetri? Be', dopotutto abbiamo appena compiuto diciott'anni, e in alcuni casi si continua a crescere un pochino anche dopo quest'età.
Stringo le labbra e sto per ribattere di lasciarmi i miei spazi, ma lui è più veloce di me, e ha un vero talento nell'ottenere ciò che vuole: «E se per caso cadessi?» mi provoca e io rispondo con un versaccio.

Diamine, ha ragione. Daniel non ha completamente ripreso il suo equilibrio, ed è astuto a muovere il suo pedone in avanti, verso la casella della pietà, e abbattere il re senza ulteriori mosse.
Lo ammetto, dopo il suo risveglio abbiamo trascorso un periodo complicato. Il colpo subito dalla caduta aveva in qualche modo intaccato i suoi muscoli, niente di irrimediabile, tuttavia lo ha costretto ad affrontare una riabilitazione costante e piuttosto sfiancante.
In un momento di sconforto ho persino dubitato potesse farcela, eppure lui non si è mai dato per vinto, proseguendo con forza e tenacia.

-Se tu riesci a lottare con i guai dati dalla tua patologia, cos'è questo in confronto?- Sono state queste le parole pronunciate durante un pomeriggio trascorso assieme.

Come ribattere davanti al suo fuoco?

Il coraggio l'ha rimesso in piedi, complice anche il suo desiderio di tornare in sella e farsi perdonare dalla sua moto. Un discorso complicato degno di Daniel, e non mi ci sono addentrato più di tanto.

DestinoWhere stories live. Discover now