<47> Daniel.

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Non credo di essermi mai sentito così sollevato in vita mia.
Roberta è tornata. È tornata da me e dalla nostra orribile esistenza.
Sono stato egoista.
Se fosse scappata via, avrei dovuto capirla, e non sperare in un suo ritorno.
Non avrebbe più provato il dolore di trascorrere giorni nella violenza; di rimpiangere ogni respiro nei polmoni; di sperare in un cambiamento impossibile.
Mi chino e le stringo le braccia attorno al corpo, lei fa lo stesso con il mio collo.

Ha un odore strano, qualcosa di familiare che non riesco a ricordare.

«Coniglietta» mormoro contro i suoi capelli, inondando il mio naso del suo profumo.

Lei mi bagna la maglia con le lacrime, è spaventata e si aggrappa a me come se fossi la sua unica ancora di salvezza. Ed è vero: adesso sono tutto ciò che ha.
Tante domande mi affollano la mente, poche sono le risposte.
Un mescolanza di dolore e gioia si alternano.

Mia sorella è viva.

Ho passato una notte colma delle sue immagini, molte delle quali la raffiguravano in fondo a un canale o chiusa in un sacco di plastica.
Quando si perde qualcuno è normale pensare al peggio. Solitamente sono una persona che prova a tirare fuori il buono dalle situazioni.
Questa volta ho fallito.
Per fortuna, nulla di ciò che ho immaginato si è avverato.
Le circondo il viso con le mani e scruto in quegli occhi così simili ai miei, cercando la verità senza che lei me la dica.
Sono due pozze allagate e colme di lacrime. Si pulisce il naso con la manica della maglia.

«Roby... Va tutto bene. Ci sono io con te» le mormoro sorridendo, cercando di infonderle il coraggio necessario per affrontare questo momento.

Le domande arriveranno dopo; ora ho bisogno che lei si senta al sicuro. Roberta prova a parlare, ma non esce nulla di comprensibile.
Poso dolcemente un dito sulle sue labbra.

«Piccina, non sforzarti» sussurro spostandole una ciocca di capelli dietro l'orecchio.

Percepisco alle mie spalle la voce di Damien, un mormorio flebile in cui comprendo il nome di suo fratello.
È come se mi avesse letto nel pensiero. Abbiamo bisogno di andarcene da questa casa, almeno per qualche giorno.
Lo sento parlare, usa un tono gentile, cosa che non fa mai con Jason, eppure sembra sincero. Di certo con le buone lo convincerà.
Abbraccio di nuovo Roberta e la sollevo da terra. È così piccola, non faccio alcuna fatica.

«Adesso promettermi che ti terrai stretta a me e che non mi lascerai neppure per un istante, va bene?» le dico con la voce impostata su un tono dolce. Non posso lasciar trapelare lo sgomento provato dentro lo stomaco.
Se l'avessero in qualche modo traumatizzata? Se non riuscisse a tornare la solita Roberta?
Non conosco ciò che le è successo, e questo aumenta solo il mio nervosismo.

Sono il fratello maggiore, devo essere la sua casa sicura.
Quanto vorrei chiederle dov'è stata, con chi e cosa è accaduto.
Scendo le scale, le gambe tremano e quindi metto più attenzione nei miei gesti.
Se entrasse mio padre proprio in questo istante? Non riuscirei ad affrontarlo.

Non ho paura di una sua reazione, ma della mia.

Quando si tratta di proteggere qualcuno sono disposto a tutto, la mente si annebbia e perdo il controllo delle mie facoltà, divento un pericolo per gli altri e per me stesso.
Il corpo di Roberta trema, proprio come il mio cuore.
Se solo non fossi andato a fare quel dannato giro in moto.

Che stupido, non sarebbe cambiato nulla.

Ho smesso di andare a prendere Roby a scuola tempo fa, dopo che lei, con lo sguardo di fuoco, disse di essere diventata abbastanza grande per poter affrontare il viaggio da sola.
Non era vero allora e non lo è adesso, soprattutto dopo questo episodio.
Damien ci raggiunge un po' in ritardo.
Cavolo, non gli ho neppure dato una mano a scendere le scale.

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