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Sollevo il libro davanti al volto e tento di concentrarmi sulle lettere impresse nelle pagine.
Ho riletto questa stessa riga già dieci volte.
Ignorare Daniel è più complicato di quanto pensassi, cavolo. La causa è soprattutto il suo sorrisetto sornione, lo sguardo fisso su di me, la voce schiarita spesso a cercare di attirare la mia attenzione. Non aggiunge nulla se non quel rumore fastidioso prodotto dalla sua gola. In più, la linea sul suo viso non accenna a diminuire di larghezza.

Perché nessuno lo viene a chiamare? Nessuno ha bisogno del famoso Daniel?

Ingoio e mi blocco persino dall'afferrare una bottiglietta per dissetare la mia lingua arida al pari di un deserto rovente. Ogni gesto potrebbe scatenare il suo fiume di domande impertinenti.
Tira su con il naso, sfrega le mani e giocherella con una manciata di sabbia, lanciandola sui miei piedi.

Quando tira fuori il suo lato da ragazzino è davvero fastidioso.

Sbuffo e alla fine sbotto di colpo, togliendomi gli occhiali da sopra il naso. «Cosa diavolo vuoi?» esclamo abbassando il libro sulle gambe, specchiandomi nelle sue iridi irriverenti e a caccia di particolari.
Lo so, sono caduto nella sua trappola, ma è stato inevitabile.
Prima o poi sarebbe successo; meglio non prolungare la tortura ancora per molto.

«Non hai da raccontarmi nulla? Che so... la ragione della tua scomparsa di ieri, o il fatto di essere rientrato tardi in camera?» chiede con un'aria da angioletto.
In realtà è un diavolo che indossa un'aureola per concessione di non so chi.

Alzo le spalle noncurante. L'ombra prodotta dall'ombrellone per fortuna mi copre il volto, altrimenti il mio amico avrebbe visto le mie guance infuocarsi.
Sì, mi aspettavo queste sue domande, eppure fino a questo istante ero riuscito a tenere a bada l'emozione dentro di me, custodita gelosamente. È un po' come quando si vede un film di paura: da un momento all'altro arriverà il colpo, lo sai, tuttavia non ci pensi, ed è proprio quando si abbassa la guardia che lo spavento prende il sopravvento.
Mi sento in imbarazzo a parlare dei miei trascorsi con Amelia, incapace di ricreare la medesima serie di sentimenti provati tra noi due.

Come faccia Daniel a non comprenderlo, è un mistero.
Se ci rifletto bene, però, lui si è sempre vantato delle sue prestazioni e conquiste con il gruppo di amici, rendendo le descrizioni pari a un film vietato ai minori.
Be', non io.
Io preferisco tenere il ricordo per me e i particolari nella mia mente per impedirgli di sfuggire. E poi, in preda all'agitazione, rischierei di balbettare e tentennare, offrendo al mio migliore amico un nuovo spunto di prese in giro.
No, assolutamente no.

«Va bene, facciamo che sarò io a fare delle domande, ok? Tu dovrai semplicemente rispondere con un cenno della testa» prosegue imperterrito Daniel, gli occhi brillano in maniera preoccupante.
Faccio per riprendere il libro tra le mani, ma il mio amico lo afferra con esasperazione e lo lancia in mezzo alla sabbia, il segnalibro vola via e viene strattonato dal vento, correndo lontano.
Corrugo la fronte e stringo la mascella, stufo dei suoi soprusi, mentre lui si lamenta a gran voce. «Cavolo, Damien, sono tre anni che ci conosciamo e sto per diventare tuo fratello. Parlare di sesso tra noi mi sembra normale, no?» dice lagnoso.

No, non lo è. Jason non si sognerebbe mai di rendermi partecipe dei suoi momenti intimi con Rochelle e io, a mia volta, non lo farei con lui.

«Quindi... tu dici tutto quello che fai a tua sorella?» domando, resistendo alla voglia di strozzarlo per il solo fatto di aver lanciato uno dei miei libri preferiti nella sabbia.
Le pagine volteggiano all'aria, ne posso quasi udire il fruscio se non ci fosse così tanto vento a coprirlo.

Daniel si stringe nelle spalle. «Roberta è ancora piccola e rischierei di scandalizzarla con i miei racconti. Però, quando sarà più grande, mi offrirò di darle consigli con i suoi eventuali fidanzati. Sarà felice di ascoltare chi ne sa più di lei» spiega serio.

DestinoWhere stories live. Discover now