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Inforco le cuffiette e mi allontano così dal mondo esterno, i suoni ovattati non riescono a scalfire la mia protezione. La musica è una culla perfetta, un posto dove esisto solo io, dove posso concedermi a emozioni e a pensieri senza essere disturbato.
Cammino per le strade concentrandomi sull'azione di mettere un piede davanti all'altro.
Mi ripeto per l'ennesima volta il discorso nella testa, parola per parola, lo cambio e riscrivo per rendere il discorso più fluente, eppure non c'è un modo perfetto di affrontare un argomento simile.

Cadrò nel panico, l'ho messo in conto.

Non è bastata una notte d'insonnia ad aiutarmi, anzi, mi ha incasinato solo la mente.
Le note della melodia di un pianoforte mi invadono le orecchie e scivolano direttamente nel cuore.
"La mia ragazza è il piano."
Amo questa canzone: piena di frasi non dette, di sorpresa ma, soprattutto, amore verso la propria passione.

Prendo un bel respiro e mi accodo alle persone che passano sopra le strisce pedonali scolorite.
Avranno anche loro, dentro il proprio animo, un turbinio di emozioni uguale al mio?
Magari qualcuno sarà afflitto da problemi maggiori, alcuni non ne avranno affatto.
Per quanto mi riguarda non rammento un solo giorno trascorso senza qualche preoccupazione, sin da quand'ero bambino.
Come deve essere bello avere la mente libera, vivere giorno per giorno.
Non so come mai, ma ho sempre sentito di avere un debito verso la vita, cercando con affanno un modo per soddisfarla, di scalare i miei limiti.

Credo di aver fallito su ogni piano.

Intravedo la scuola in lontananza, la moltitudine di finestre mi osservano dall'alto, un brillio nel cielo acceso.
Ci siamo.
Daniel non mi abbandonerà, non mi lascerà da solo.
Basterà convincerlo che ci sarò io ad aiutarlo in questa transizione, in questo periodo scuro e violento dove tutto gli sembrerà difficile da battere.
Eppure ce la faremo.
Sospiro e avanzo, aggrappandomi alla bretella della borsa, schiacciandola contro il mio petto.

Non può andare male.

La frase pronunciata un tempo da mio padre e, successivamente da Amelia, mi risuona nella mente.
È scolpita, impossibile da cancellare.

«La tempesta non dura per sempre» mormoro basso facendomi coraggio. Cerco in quelle facce sconosciute un briciolo di forza, ma è qualcosa che devo trovare dentro di me.
Non possono donarmela gli altri, non questa volta.

Una pacca sulla spalla mi coglie impreparato e stacco una delle cuffie, girando il capo.
Amelia.
Cavolo, ero così impegnato a concentrarmi che ho persino dimenticato il nostro viaggio assieme.

«Non essere nervoso. Se lo sei tu, lo sentirà anche Daniel», mi consola e ride subito dopo, «ho paragonato la sua reazione a quella di un cane» dice, strappandomi una debole risata.

Di solito sono io a provare un'eccessiva empatia per i sentimenti altrui; su questo lato non sarà difficile approcciarsi a lui.
Scaccia il nervosismo, Damien.
Amelia mi stringe la mano l'ultima volta, poi va a sedersi al proprio posto salutata a gran voce dalle sue amiche.

Alzo gli occhi in direzione dei banchi in fondo, ma di Daniel nessuna traccia.
Mi sento sollevato.
Sbuffo e mi siedo. Chi voglio ingannare. Oggi, domani, tra una settimana, che differenza fa?

Questo discorso dovrà uscire, prima o poi.

Scocco un'occhiata veloce verso Rick qualche posto avanti.
È seduto accanto a Freddie.
Abbozzo un sorriso, o meglio, una smorfia disgustata.
A quanto pare ha scelto da che parte stare e non ne sono poi così stupito: i topi tornano sempre alla propria tana, e Rick è un ragazzo abitudinario.
Osservo entrare dalla porta una professoressa mai vista; non è della nostra classe.

DestinoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora