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Il viaggio in macchina è silenzioso, la cappa del mio nervosismo ha inevitabilmente condizionato anche Daniel e Jason. Per fortuna, Roberta ne sembra immune, e si limita a fissare fuori dal finestrino con aria innocente.
È stato davvero difficile ammettere i miei problemi con Jessica.
Stringo una mano nell'altra, cercando di bloccare il tremore di nervosismo e adrenalina.

Era tutto più facile quando potevo mentire e nascondere ogni problema dietro un sorriso finto.

La verità fa male, lo so bene, ma non avrei potuto comportarmi altrimenti.
Ho così tanti pensieri, così tante situazioni da rimettere in sesto.
Riprendere il mio rapporto con Jessica non è una priorità, sebbene io desideri tornare a considerarla parte della mia vita.
Ma sarà la scelta giusta? Chi mi dice che non me ne pentirò, in futuro?
Mi sono ancora una volta rinchiuso nella mia gabbia di dubbi ed emozioni contrastanti.
Come mai riesco solo a tuffarmi nelle situazioni più complicate, gettando le mie scelte in quel buio che a fatica cerco di abbandonare?

Forse, da qualche parte, si nasconde il mio attimo di eterna pace, senza delusioni o timori.
Mi manca il fiato, posso sentire l'angoscia premere contro lo sterno e minacciare di uscire fuori dalla gola.
Non appena arrivati a casa, fuggo a nascondermi nella mia stanza, lontano da ogni possibile domanda.
La porta fa resistenza, come se qualcosa la bloccasse.

«Ti va di parlare?» domanda Daniel alle mie spalle.

Ecco spiegato il motivo della resistenza.

Mi mordo le labbra. Devo davvero affrontare l'argomento?
Senza attendere una risposta, lui chiude la porta dietro di sé. Dal corridoio arriva la voce di Roberta che scherza con Jason.
Quei due si sono davvero presi e, se non mi trovassi in questa situazione, mi sentirei felice per mio fratello. Eppure non è questo il momento; ora sono semplicemente immerso in un vortice di emozioni, in bilico su di un filo teso.

Sollevo lo sguardo verso la figura di Daniel.
Ha invaso il mio spazio personale, per questo l'aria è diventata così pesante.
Deve andare via. Lo voglio fuori dalla mia stanza, adesso.
Mi vedo riflesso nei suoi pozzi verdi. Ho gli occhi cerchiati, la bocca tirata, la mascella serrata.
È la solita espressione di quando mi sento in trappola, di quando, nella mia mente, si scatena l'allarme che mi mette sull'attenti.
Sorride e cerca così di spezzare la tensione.

«Damien, dovresti imparare ad affrontare i problemi non appena accadono. Non ha senso rimuginare per troppo...» Non lo faccio finire.

«Cosa ne vuoi sapere tu? Sono io quello che sta male! Se voglio prendermi i miei tempi, ne ho tutto il diritto!» esclamo, la rabbia esplode all'improvviso.
Proseguo il mio monologo, gesticolando con le mani al pari di un dirigente del traffico. Mi manca solo la paletta.

«Ognuno di voi mi mette pressione, nessuno escluso. Damien, devi diventare così, Damien devi migliorare. È tutto un devi, devi, devi. Ci pensate mai a quello che voglio io?» mi indico il petto con la punta del dito e premo decisamente troppo fino a sentire dolore.

Sto delirando.
Diamine, odio sentirmi così.
Prendo fiato guardandomi attorno, come se ci fossero altre persone nella stanza.
Mi sento braccato, dei fucili invisibili puntati contro il mio corpo.

«Sono dannatamente stanco di sentirmi come se mi trovassi in bilico su una zattera, i remi a pendere da una parte o dall'altra, tirato verso il fondo da voi tutti. Sono un cazzo di essere umano, anch'io posso sbagliare!» quasi grido l'ultima frase.
Ho perso il senso del discorso, ma tanto ho ormai superato la linea.
Agli occhi di Daniel sarò sembrato un pazzo. Lui si limita a incrociare le braccia, in attesa.
Ansimo, come se avessi corso per un miglio.

DestinoWhere stories live. Discover now