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Porto entrambe le gambe al petto, cingendole con le braccia. Alzo lo sguardo e fisso le foglie dentellate di una quercia rossa, le venature visibili creano disegni misteriosi.
Il sole gioca tra i colori e compare di tanto in tanto, come se si affacciasse in questo mondo così estraneo al suo ambiente.
Una moltitudine di ghiande sono a terra, con il loro cappello piatto e schiacciato, nascoste tra gli steli del prato.
Sospiro e poso il mento sulle ginocchia nude.
Un pomeriggio d'estate, il frinire delle cicale è basso, ma prolungato, l'afa ha reso l'aria irrespirabile. Nonostante tutto, mi sento sereno sotto lo sguardo vigile del gigante alle mie spalle.
E poi, la quantità di cespugli attorno mi copre da occhi esterni e mi crogiolo in quell'angolo nascosto.

Avrei voglia di un gelato. Magari un ghiacciolo freddo alla menta.
Sorrido. Mio padre mi guarda sempre con una faccia disgustata di fronte a questa scelta.
Lo so, molti preferiscono la frutta, però secondo me la menta rinfresca la bocca e lascia un sapore amaro e semplice.

Non sono il solito bambino con i gusti così simili a quelli degli altri, né il tipo da andare insieme alla corrente; preferisco scavare un canale tutto mio e allontanarmi dal letto principale.
Certo, a volte questo fa di me un ragazzino incompreso e allontanato, e mentirei se dicessi di non soffrirne, eppure questo mio lato non riesce proprio a scomparire.
L'unicità è il prezzo della solitudine. Credo di averlo letto da qualche parte, e ho deciso di farlo mio.

Un fruscio di fronte mi fa sussultare.
Arriccio il naso, guardandomi attorno con frenesia.
Pensavo sarei stato al sicuro qui.
A quanto pare non è così.

Sono in trappola.

Nella mente inizio a pensare a una scusa plausibile per essermi allontanato, poi scuoto la testa.
Nessuna bugia, dirò la verità. Anche se davanti a me dovesse comparire la figura di mio fratello, l'espressione da orco burbero e le mani pigiate sui fianchi.
Dopotutto, non è colpa mia se i giochi inventati da lui non mi piacciono. Sono sempre troppo competitivi e tendono a metterci l'uno contro l'altro.

Io vorrei solo divertirmi, è chiedere troppo?

Trattengo il respiro mentre ascolto il fruscio sempre più vicino.
Alla fine una faccia tonda e paffuts compare tra le foglie dei cespugli, gli occhi grandi di un azzurro slavato, il naso tempestato dalle lentiggini e i capelli corti biondo cenere.
Lascio andare il respiro e mi rilasso.

«Sapevo che era qui che ti nascondevi!» commenta vittoriosa la figura strisciando fuori dal fogliame, venendo a sedersi accanto a me.

«Non mi andava più di giocare, Jessy» rispondo sbuffando.

Lei sogghigna. «Forse è perché la sottoscritta ti stava massacrando?», e indica con un cenno del capo il livido sul mio braccio, un alone chiaro che ben presto si scurirà.

Alzo gli occhi al cielo. «Ma cosa dici!» rispondo subito offeso, ma non la guardo, anzi, mi gratto il naso con le dita e cado in fretta nell'imbarazzo del non sapere cosa aggiungere.
In verità una parte del motivo è proprio quello: Jessica è rapida e scattante, non come me, al pari di un mobile senza piedini.
Certo, sono davvero bravo nella corsa, tuttavia i miei pregi si fermano lì.

Lei incrocia le gambe, poggia la schiena al tronco dell'albero e mi spintona con il braccio per farsi spazio.

«Tuo fratello è troppo vanitoso, e stava iniziando a stancarmi» confida. «E poi, ho avuto la sensazione che, dopo la mia ultima azione, stesse per scoppiare a piangere, la femminuccia.»

Mi fissa seria, poi imbroncia le labbra, corruga la fronte e finge di piagnucolare.
«Jessica mi ha battuto, mamma!» esclama in una perfetta imitazione di Jason, e non posso fare a meno di scoppiare a ridere, seguito subito anche da lei.

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