<71> Daniel.

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«Allora... Hai ancora intenzione di fare scena muta, o c'è qualcosa che vuoi dire? Avrei da fare, al contrario di te» dico, fissando Rick con una smorfia.
Non mi va di parlare.
Non mi va di risolvere.
Ho solo voglia di tornare a casa, sebbene sia in realtà un buco orribile e fastidioso, sdraiarmi sul letto e chiudere gli occhi, sperando che il domani arrivi in fretta.
Lui sbuffa piano e si passa una mano tra i corti capelli.

«Dani, andiamo... Non fare così» ribatte con la voce lamentosa.

Alzo le sopracciglia.
«Non fare così? Non fare così, come?» Alla seconda frase alzo di più il tono e sciolgo le braccia incrociate, il calore della rabbia sulle guance si fa sentire.

Vuole litigare? Ha trovato pane per i suoi denti.
Non mi piace averlo visto schierarsi con quegli idioti, né che se la sia presa con Damien senza muovere un dito per difenderlo, ma, cosa ancora più importante, non mi va giù che non mi abbia detto nulla a riguardo.
Posso contare i miei veri amici su una mano, e il numero si è drasticamente ridotto a due, dopo il tradimento di Freddie.
Non sono intenzionato a concedere seconde possibilità: Rick ha scelto un brutto momento, un tempismo davvero terribile in uno di quei giorni in cui la mia porta fatica a riaprirsi.

Spalanca le braccia e mi indica.
«Cazzo, amico, sono venuto strisciando. Potresti almeno ascoltare, invece di fissarmi in questo modo» dice arrabbiato.

Dove trova tutto questo coraggio?

Ammirevole e sciocco.
Lo guardo serrando la mascella, assottiglio pericolosamente le palpebre e preparo il veleno sulla lingua.

«Come tu hai fatto con Damien, quando lo buttavano per terra... giusto, Rick?» lo incalzo, ingoiando la saliva nella bocca.
Sarebbe giusto se gli spaccassi la faccia, dannatamente giusto, tuttavia prendo un bel respiro e sollevo una mano, prima che la situazione degeneri. «Damien ha dei problemi seri. Ti sei divertito a guardarlo soffrire per rimettersi in piedi? Rispondimi.» Parlo forte, la mia voce risuona nella classe e forse, chissà, anche nei corridoi vuoti.

Che importa?
Ho bisogno di tirare fuori tutta la mia frustrazione, la mia angoscia e dolore.
Potrebbe arrivare anche la preside in persona, non smetterei di gridare neppure in seguito a una sua supplica.
Lui arriccia il naso e scuote la testa.

«Cosa dici? Non sono fatto così» risponde offeso.

Alzo le spalle assieme alle braccia.
«Io non ti conosco più. Eri lì e non l'hai aiutato. Questo comportamento meschino fa di te la stessa persona che l'ha spinto; niente di più, niente di meno» stavolta lo sussurro piano senza prendere neppure fiato, un sibilo in bilico sopra il filo della mia ira.
Non tirare la corda, Rick.
Fai un passo indietro.

Serra la bocca e mi fissa attento. «Ho fatto una cazzata, Daniel. Lo so io e lo sai anche tu. Non puoi permettere a un semplice particolare di dividerci» ammette convinto, però io la sento la sfumatura di fastidio.
Odia non ottenere ciò che vuole, e brama di tornare nelle mie grazie.
Cosa c'è? Pensava bastasse schioccare le dita, come fa con la sua domestica, e così saremmo tornati amici?
È più di questo.
Tengo davvero alle amicizie e, quando una di queste mi delude, è davvero complicato risalire i gradini.

«Perché stiamo ancora parlando, Rick? Non ti vedo pentito, anzi, mi sembra che tu sia venuto qui a gettare solo benzina sul fuoco» dico per mettere le cose in chiaro e smettere di sprecare il mio tempo. «Fammi ricordare... L'amicizia è per gli stupidi, giusto? Ascolta il tuo consiglio e fila via» muovo persino la mano in aria, scacciandolo.

Su cosa si basa un rapporto?
Sulla fiducia. Nient'altro.
E qui, la maledetta fiducia è stata calpestata, e calpestata ancora.

Lui sbuffa forte e sbatte le mani, tenendole chiuse.
«Sai che c'è, Daniel? Mi dispiace di aver partecipato alla caduta del tuo fidanzato. Mi dispiace, sul serio, ma, se fosse stato lui al posto mio, non te la saresti presa così tanto» mi accusa e ride ironico, agitando i palmi uniti verso di me.

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