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Lascio che il silenzio accompagni lo sfogo di Daniel, il suo respiro pesante sulla mia spalla.
Sono preoccupato, tanto preoccupato.
Non voglio fare pressioni. Mi ha chiesto di non dire nessuna parola e mi impegno a fare quanto richiesto.
Ma cavolo, vorrei sapere tutto, entrare nella sua mente e tirare fuori le informazioni.
Perché non è da Daniel essere così abbattuto. Sarà accaduto qualcosa di veramente grave, qualcosa in grado di smuovere anche il suo animo forte e impenetrabile.
Di qualunque cosa si tratti, non ci voleva. Soltanto da poco si era tirato fuori dalla preoccupazione per la scomparsa improvvisa di sua sorella.
Non ha un attimo di pace.
Non posso fare domande, è vero, però questo non mi vieta di provare a risollevarlo.

«Sai... Oggi ho deciso di invitare Amelia a uscire» ammetto sussurrando, facendogli sentire il mio sorriso sulla testa, la guancia premuta contro i suoi capelli.
Trattiene il respiro, ma non commenta.

Ecco, ora sono ancora più preoccupato.

«Daniel... ti prego, dimmi cosa è successo» chiedo con la voce ridotta a una supplica.

Sbuffa seccato e si allontana da me. Per qualche istante si chiude ancora nel suo silenzio ostinato, poi si decide a parlare: «Che hai fatto di bello con Amelia?» domanda schioccando la lingua sul palato.
Il suo comportamento mi confonde, tuttavia, cerco di stare al suo gioco.
Lui, dopotutto, è stato testimone di così tanti miei cambi di umore che sarebbe egoista non dargli un po' di spazio.

«L'ho portata al cinema, abbiamo visto The Danish Girl. Non puoi capire quanto ho pianto» ammetto provando a ridere, però esce solo un verso strozzato e falso.
Sono un fallimento come amico, ma questo lo sapevo già. O forse, sono troppo amico da voler sapere i suoi problemi?
Non so, una delle due.

«Ho ripreso in un video noi due alla sala giochi. Te lo faccio vedere, se vuoi» esclamo mentre mi sollevo dal letto con la chiara intenzione di accendere la luce. Daniel mi blocca per il polso, una stretta veloce e salda.

«Puoi farmelo vedere anche così, tanto lo schermo si illumina» dice, e la voce gli trema di un timore ignoto.
I miei occhi guizzano verso di lui, cerco di distinguere i suoi lineamenti in tutto quel buio, senza successo.
Daniel, cosa mi stai nascondendo?

«Non sei andato alla gara perché hai incontrato tuo padre? Ti ha picchiato?» dico frenetico, gli butto addosso le domande come una mitraglia.

Voglio sapere.
Devo sapere, o rischierò di impazzire.
Sbuffa ancora una volta e mi molla il polso, sbattendo una mano contro il materasso.

«Non riesci a lasciarmi in pace?» si lamenta.
Stringo la mascella.

«Che c'è, quando nascondo qualcosa sei pronto a sbraitarmi contro, e io non posso fare altrettanto?» commento duramente riferendomi al suo interrogatorio il giorno del mio incontro con Jessica.

Resta in silenzio. Ho centrato il bersaglio, eppure, non è bastato a farlo cedere.
Gli pongo altre domande. Se non aveva ancora conosciuto il Damien preoccupato e instancabile, adesso ne ha una prova tangibile.
Sono un osso duro. Quand'ero piccolo, la mia famiglia si lamentava e alzava sempre gli occhi al cielo e, per un periodo, mi chiamarono persino "domandino". Per fortuna quel nomignolo venne abbandonato in fretta.
Dopo dieci minuti di richieste, Daniel sbuffa esagerato e il suo nervosismo è palpabile, persino i movimenti scattano.

«Va bene, Dami, sono caduto, cazzo. Contento, adesso? Sono caduto dalla moto» sbotta, la voce carica di rabbia repressa e dolore.
Mi si riempiono gli occhi di lacrime e il cuore si ferma completamente.

«Oddio, dimmi che stai bene» piagnucolo e muovo una mano nella sua direzione. Il mio cellulare cade nel vuoto, lo sento scivolare sotto il letto.
Non importa. Devo vederlo, questo buio mi sta uccidendo.
Mi alzo di corsa arrancando verso l'interruttore, e mi sembra lontanissimo. La mia mente, nel frattempo, viaggia verso ogni possibile scenario macabro.
Tasto la parete, ma sono dal verso sbagliato e non riesco proprio a trovarlo.
Deve stare bene. Se stesse male non sarebbe così calmo... giusto?
Forse Daniel sta trattenendo il dolore, forse sta tenendo dentro di sé la paura, forse... Diamine, non lo so.

DestinoWhere stories live. Discover now