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«Buon compleanno, Dani» sorrido e lui mi abbraccia di getto, l'espressione sul suo viso è come quella di un ragazzino di dieci anni, il sorriso perenne, il corpo incapace di stare fermo.
Una sola parola per descriverlo: emozione.
Non fa altro che gesticolare, chiacchierare a proposito della serata e ridere di gusto anche per una semplice sciocchezza.
Un'esplosione di buon umore.

Penso che una grande fetta della sua felicità sia da attribuirsi alla fortuna di non aver visto suo padre, anzi, ne sono assolutamente certo.
Gli anni passati ho sentito Daniel lamentarsi a proposito, e non ne capivo la causa. Poi, però, quando mi ha confidato che il genitore non faceva altro che sminuirlo e chiedergli la ragione per cui fosse nato, ho compreso il suo malcontento.
Una richiesta orribile e degna del peggiore dei padri, a maggior ragione il giorno della propria venuta al mondo.

È un dono importante e nessuno dovrebbe rimpiangerlo.

Il mio obiettivo, quest'anno, sarà di rendere la giornata di Daniel memorabile, così da cancellare tutte le altre e sostituirle con ricordi felici.
Jason entra nel salone con la faccia assonnata e, come una scheggia, Daniel si volta nella sua direzione e lo stringe a sé, togliendogli il fiato.

«Ehi, ehi... calmo, o mi ucciderai» commenta mio fratello con una risata. «Auguri» dice una volta libero dalla morsa letale.
Osservo la scena mentre siedo a tavola e sorseggio il cappuccino tiepido. Subito il mio migliore amico mi imita e lascia uscire dalle labbra un sospiro gioioso.

«Allora, Daniel, andiamo assieme a fare la spesa per questa sera?» domanda Jason, traffica con la macchinetta del caffè e si riempie una generosa tazza.

Daniel corruga la fronte e sbatte le palpebre. «Ma... no, tranquillo, vado io» risponde temporeggiando, preso in contropiede dalla proposta generosa.
I miei occhi si spostano su entrambi e, tra me e me, rimugino sul comportamento di mio fratello. Vuole adottare l'atteggiamento di nostro padre, il che significa dedicare l'intera giornata al festeggiato pur di farlo sentire al centro dell'attenzione.
Jason mi stupisce ogni volta, ma devo dire che ha tentato di fare lo stesso anche con me. Io, però, ho sempre rifiutato, anno dopo anno, e non gli ho mai permesso di festeggiarmi.
Chissà, forse anche il mio compleanno andrà diversamente e non lo passerò in stanza a piangere la scomparsa di mio padre, lottando contro il richiamo del vuoto sotto la finestra.

Non meritavo di festeggiare, non dopo la sua morte, ed era giusto che non provassi felicità e che me ne privassi totalmente.
Non c'erano sorrisi senza la mia famiglia al completo.

Sospiro. Non do nulla per scontato; magari andrà come gli altri anni, o magari no. La mia vita è sempre un tiro di dadi in attesa che esca il numero giusto, ma stavolta sono disposto persino a truccare la mano per far girare le cose per il verso giusto.
Lancio un'occhiata a Daniel e mi scappa una smorfia ironica.
Neppure lui conosce la data della mia nascita. L'ho tenuta nascosta a chiunque e non oso immaginare la sua reazione nel venire al corrente di quanti pochi giorni separano i nostri compleanni. Sette giorni precisi. Davvero poco.
Sorrido e bevo l'ultimo goccio di liquido nella tazza. Quante volte lo scorso anno Daniel mi ha domandato: "Hai già compiuto sedici anni?"
Solo in questo modo era possibile conoscere quando scattava la mia nuova età e, ora come ora, mi sento uno stupido ad averlo fatto cuocere nel suo brodo per così tanto. Voleva soltanto essere felice per me.

«Davvero, Jas, non ce n'è bisogno» dice Daniel, ridendo. Vuole farsi pregare.
Oggi glielo concedo.

«Vengo anch'io, ho bisogno di sgranchirmi un po'» mi immetto nella conversazione, alzandomi in piedi.

Non può lottare contro due, quindi si lascia convincere pienamente.
È strano, noi quattro ad andare in giro.
Sembriamo proprio una vera famiglia.
Ormai non potrei più fare a meno della loro presenza; hanno colorato di un nuovo sentimento ogni angolo della casa.
Li fisso di spalle: Jason stringe la mano di Roberta e Daniel gli tiene il passo, indica tanti prodotti, ride e propone diverse battute per ognuno di loro, scatenando l'ilarità degli altri due.
Mi aggrego e il mio amico mi passa una mano dietro al collo, parlottando a bassa voce.

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