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Il corpo di Rufus è sotto le mie gambe, il muso contro i piedi e il respiro mi solletica la gamba.
A modo suo mi dona sicurezza e un punto fermo e reale, quello di cui ho bisogno in questo momento.
Non faccio altro che alternare il volto da William a Emily. Sono così seri, così tristi.
Jason rigira il bracciale d'oro al suo polso, un tic nervoso e continuo, di certo si farà venire il segno sulla pelle.
Questa prova sarà un tuffo nel passato, rimanere in apnea il tempo necessario per poi risalire, nient'altro.
Inspiro e tiro fuori, ingoiando per l'ennesima volta.

«Direi di partire dall'inizio» esordisce Jason con un coraggio invidiabile. «Non appena messo piede in casa ho avuto la sensazione di essere già stato qui» aggiunge e cerca una conferma. Difatti, William annuisce e fa una smorfia triste.

«Hai ragione. Con i tuoi genitori hai abitato con noi fino a quando avevi due anni» rivela, gli occhi puntati fuori dalla finestra, persi dentro immagini lontane. «Hanno poi deciso di trasferirsi, o meglio, vostra madre lo decise. A lei non piacevamo affatto. Eravamo di troppo, una cattiva influenza per nostro figlio, a detta sua» conclude riportando lo sguardo su di noi.

Questa volta è il turno di Emily di parlare e, dopo aver bevuto un sorso di succo alla mela, mi guarda con intensità. «Non sapevamo bene com'eri fatto, Damien, se non da qualche foto che ci ha portato nostro figlio. Joseph aveva un cuore d'oro, sebbene quella donna lo avesse contaminato, e ci ha permesso di vivere la vostra vita tramite le sue parole» sorride e imprime gli occhi sul mio volto, paragonandolo probabilmente alle immagini di quand'ero un bambino.

Jason scuote la testa incredulo mentre io non mi muovo.
Non ci riesco. Mi sento come sospeso in alto su di un filo da cucito troppo delicato per tentare una singola mossa, o altrimenti potrei cadere.
Stanno dipingendo qualcosa di inesistente, cambiano la tela che io e mio fratello abbiamo sempre visto appesa, quella alla quale ci siamo abituati.
Com'è possibile che mio padre gli abbia fatto questo?
Lui non era così.

«Isabel prese la decisione di trasferirsi di punto in bianco e non volle rivelare dove andavate a vivere. Sentì la necessità di tagliare i ponti completamente e...» temporeggia e sospira, «... I nostri due figli sono sempre stati molto uniti, quindi Thomas scelse di andare via con loro» dice William.

«Lo zio non poteva darvi l'indirizzo?» esordisce Jason chinandosi in avanti.
È nervoso.
Nervoso di non comprendere. Deluso, forse?
Io lo sono, e non abbiamo neppure scalfito la punta dell'iceberg. Arrivare alla fine sembra una meta così lontana, così impossibile da raggiungere.

Emily stringe le labbra. «Joseph lo ha pregato di non rivelarci nulla. Se avesse rotto il patto se ne sarebbero andati via anche da lui, e Thomas non poteva permetterlo. I miei figli hanno sempre avuto un rapporto speciale: possedevano un'anima sola in due corpi divisi. Soltanto per un periodo di tempo le cose tra loro si raffreddarono a causa di alcuni avvenimenti.» Si blocca. Sta tentennando.

Sento Jason borbottare e roteare il bracciale. Ha la faccia scura, le labbra strette.
Ingoio con timore.
L'aria è così pesante, carica di tensione.
Sfioro l'orologio sul mio polso destro alla ricerca della carica di Daniel, poi salgo su, delineando i contorni dell'uccellino bianco, immaginando Amelia al mio fianco.
Maledizione, non sono abbastanza per placare la mia agitazione.
Mi sento intrappolato in una bolla scomoda, i bordi troppo resistenti per aprire un foro capace di farmi tornare a respirare.

«Nonna... quali avvenimenti?» Mi decido a parlare e la mia voce trema.
Sono combattuto tra il voler sapere e il non voler sentire altro. L'idea di correre alla macchina e tornare dalla famiglia che ho lasciato alle mie spalle non mi è mai parsa più allettante.
Emily si prende un attimo di pausa, ogni singolo secondo passato è una tortura.
Ho le mani sudate, continuo ad asciugarmele sui pantaloni, eppure sembrano produrne una dose necessaria a riempire una vasca.

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