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Il paesaggio di montagna entra ben presto nella mia visuale.
Alberi alti, coltre infinita su una distesa di cielo azzurro limpido. Quale migliore visione se non una tale bellezza? Adoro ogni traccia di questo quadro perenne.
Credo di avere intravisto un animale risalire uno dei tronchi, ma non ne sono sicuro.

La musica di sottofondo viene ancora una volta totalmente sovrastata dalle voci di Amelia e suo padre, - il quale si è presentato con il nome di Loris.
Adesso capisco da dove lei abbia ripreso la sua pessima intonazione.
Due campane con i loro rintocchi peggio della domenica in chiesa. Decisamente una sfortuna per le mie povere orecchie.
Le canzoni le conosco tutte o quasi, il che lo rende un particolare in comune per una possibile chiacchiera.

«Allora Damien, non ti unisci al coro?» chiede Loris accennando uno sguardo nello specchietto retrovisore.

Oh no, non vorrei in qualche modo rubare il posto sul palco a voi due, o almeno è questo ciò che vorrei ironizzare.
Mi limito a scuotere la testa e a sorridere. «Mi piace ascoltare» mento, una bugia detta a fin di bene.

In realtà mi imbarazza cantare in presenza di sconosciuti, rischierei di fare un buco nell'acqua e di mettermi in ridicolo, e non è proprio il momento ideale per un passo falso.
Lascerò a loro il divertimento.

«Damien ha una voce meravigliosa papà! Avresti dovuto ascoltarlo al karaoke, mi ha fatta piangere» esclama Amelia voltandosi per un attimo nella mia direzione, scoccandomi un sorriso sognante.

«Non ci vuole poi molto per farti piangere, bambina mia» la riprende lui ridendo in sintonia con sua figlia.

Diciamo che, se questa fosse un'orchestra, io sarei il violino scordato da rispedire a casa. Non mi unisco a loro e faccio scena muta la maggior parte del tempo.
Che visione sto dando di me al padre della mia fidanzata?
Sono pessimo.
Devo comportarmi come un ragazzo affabile e cordiale, e sul punto due ci sto lavorando.

Il problema è seguire il primo.

Scuoto mentalmente la testa. No, il vero problema è smettere di seguire uno schema e buttarmi, come consigliato da Rochelle.
Non sono un tipo estroverso, non lo sono mai stato e mi lascio soffocare dalla timidezza, soprattutto con degli estranei.
Però insomma, mettere una parola davanti all'altra non sarà poi così complicato.
Mi schiarisco la gola.

«Loris, in che ambito lavora?» domando, sperando davvero di aver fatto la scelta giusta.
Nel dubbio, mi torturo le dita in grembo, nascoste dalla maglia.

Lo osservo annuire. «Dirigo un'impresa di vasi in ceramica dipinti a mano. Sostanzialmente non sono io a tenere il pennello tra le dita, e non saprei neppure da dove iniziare» commenta con un sorriso ironico.

Bravo Damien, hai centrato il bersaglio, e anche al primo colpo.

«Sembra interessante» dico, attingendo poi al mio lato artistico.

Mi informo a proposito delle tecniche utilizzate, dei colori, i pennelli e i metodi.
Sento di essere un fiume in piena, tanto che non lascio quasi spazio ad Amelia di intervenire.
Un evento assai raro, vista la sua parlantina paragonabile a una mitraglia.

Nel mio ambiente nuoto alla perfezione e, dato che il lavoro di Loris rientra in un lato della mia grandissima passione, ne sono piuttosto ferrato.
Ho sempre trovato affascinante questo mestiere.
Infatti, quando durante il primo anno di Liceo ci fecero decorare delle mattonelle quadrate, misi tutto me stesso per renderla al meglio.
Certo, ci sono molti fattori da tenere conto e non oso immaginare come debba essere dipingere una superficie vasta come quella di un vaso, tuttavia, quel giorno provai una sorta di liberà nell'osservare la mattonella brillante capace di riflettere la realtà della mia immaginazione.

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