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Perfetto.
Tra quello che poteva accadere, ci mancava l'influenza. Qualcuno ha voglia di lanciarmi un masso sulla testa? Sono aperto a tutto.
Mi rigiro nel letto, afferro un fazzoletto dalla scatola di carta, e mi soffio il naso per la... Ho perso il conto.
Sento la testa pesante, il corpo debole e incatenato a queste coperte ormai sgualcite. Eppure non posso restare a letto per l'intera giornata, o i pensieri e le preoccupazioni minaccerebbero di uccidermi.

Devo trovare qualcosa da fare per tenermi impegnato.

Arranco fuori dal letto e trascino a forza le gambe. Mio fratello ha almeno avuto la compiacenza di tenere accesi i riscaldamenti, anche se i brividi non sono causati dal freddo fuori, ma da un malanno interno.
Indosso abiti pesanti: un maglione largo di lana e due paia di calzini col bordo tirato fin sopra i pantaloni felpati del pigiama.
Apro la porta della stanza e avanzo a fatica lungo il corridoio, le pareti sembrano vorticare, stringersi e non so cos'altro.
Sono in una casa degli orrori.

-Mi raccomando, Damien, mangia qualcosa. Quando si sta male è importante tenersi in forze-, sono state queste le ultime parole pronunciate da Jason, poco prima di andare al lavoro.
Con la nausea che ho, non sento neppure il desiderio di bere, figuriamoci di ingerire del cibo.
Va bene, sono solo in casa, non riesco quasi a tenere gli occhi aperti, sono nervoso per l'influenza e odio ogni singolo dettaglio attorno a me.

Cosa potrei fare?

Stanco di stare praticamente incollato alla parete per tenermi in piedi, raggiungo il salone dove mi butto sul divano imbottito.
Un film, ecco la grande idea partorita dalla mia mente.
Perché no? Sono secoli che non ne guardo uno.
Faccio zapping tra i canali alla ricerca di qualcosa di decente, ma alla fine mi fa male il dito a forza di pigiare il pulsante del telecomando per mandare avanti.
È tutta spazzatura.
Decido di concentrarmi sui titoli dei film salvati nel programma della televisione. Alcuni li ho già visti, altri no.
Leggo una trama.
Una storia d'amore, il classico tira e molla tra i personaggi in un'infinita spirale di cliché.

Be', potrei imparare qualcosa.

Mi stupisco di quel pensiero. Sei malato, Damien, ragioni senza riflettere.
Decido comunque di guardarlo e mi accomodo tra i cuscini.
Doppiaggio mediocre, diciamo supera appena il due su un massimo di cinque, però non sono in vena di leggere i sottotitoli e ascoltarlo in lingua originale, ovvero lo spagnolo, quindi mi accontento. Almeno la qualità della recitazione è buona.
Passano i minuti.

Cavolo se è lento.

D'un tratto avverto il cellulare squillare e sussulto, preso alla sprovvista.
Quanto tempo è trascorso?
Metto in pausa e osservo la barra arrivata più o meno a metà.
Credo di essermi addormentato, e l'assurda mancanza di colpi di scena nella pellicola non ha fatto altro che favorire il mio torpore. Sospiro e rispondo, ma, proprio in quell'istante, mi viene da starnutire e lo faccio a gran voce.

-Grazie, Damien, se volevi stordimi, ci sei riuscito.-
È la voce di Daniel.
Mi lascio scappare una risata sommessa.

«Scusa, non potevo trattenermi. Sono malato, lo sai?» Giustifico così il mio gesto.

-Certo, certo.- Si finge scettico, eppure lo sento ridere assieme a me.

Allontano il telefono e tossisco, il dolore quasi mi spacca lo sterno.
Se entro sera sarò ancora vivo, griderò al miracolo.

«Cosa vuoi?» gli domando chiudendo le palpebre. Forse dovrei rimettermi a dormire, e magari questa volta in una posizione più comoda.

-Volevo sapere come stavi, però da quanto ho potuto sentire da solo, stai di merda.-

DestinoWhere stories live. Discover now