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Sollevo lo sguardo e vedo Amelia entrare nella classe, gli occhi lucidi e tristi.
Quel semplice particolare basta a farmi stringere lo stomaco di preoccupazione, un tuffo nel cuore difficile da reprimere.

Cosa succede?

Cerco di inviarle delle occhiate, ma lei si siede a testa bassa, il tubo di plastica produce un rumore assordante, forse ingigantito dai miei sentimenti.
Curvo le spalle e storco la bocca, fissando di traverso la professoressa di Ornato Disegnato.
Lei arriva sempre così dannatamente in anticipo, quindi dovrò attendere la ricreazione per parlare con Amelia.
Cavolo, se solo Rochelle non avesse insistito per accompagnarmi, avrei potuto informarmi prima sulla sua situazione.
Come ignorare la dolce proposta della futura moglie di tuo fratello? Impossibile.
Muovo la gamba su e giù, scribacchio distratto il foglio, sbuffo un paio di volte.
Daniel non è venuto a scuola e non posso neppure confidare a lui le mie angosce.

Solo in questa valle di nemici.

Mi dedico all'arte e lascio che la mia mano tragga spunto dalla fantasia nella mia mente, giocando con il chiaroscuro e le ombre prodotte con la punta di un'anima di grafite.
Seguo le linee immaginarie, mi perdo in quello sconfinato campo che è la mia immaginazione, come se stessi tracciando le zone invisibili in una mappa prestabilita.
Impugno qualche matita colorata.
Arriva la cavalleria, il pezzo forte di una battaglia.
Alla fine, il trillo della campanella mi riscuote fastidiosa, gettando l'ancora di salvataggio nel mio mondo chiuso.
Mi alzo come una molla e mi avvicino ad Amelia, vedendola ancora china sul suo foglio semi bianco.

«Ehi» dico posando le dita sul suo braccio, osservandola sollevare lo sguardo molto lentamente. I suoi occhi verdi si immergono nei miei, un velo d'ombra a oscurare quella solita prateria di dolcezza.
Si imbroncia e mi abbraccia i fianchi, posando la testa contro di me.
Deglutisco e la consolo, sebbene non abbia ancora conpreso i suoi problemi.
Cerco di scervellarmi su una probabile causa, ma ho la testa vuota.
Ieri sembrava così felice, stamattina anche, quando ci siamo scambiati i messaggi del buongiorno, una pratica ormai consolidata e particolarmente apprezzata da entrambi.

Lo so, forse sembra un gesto stupido data la vicinanza delle nostre abitazioni e il fatto di venire a scuola assieme, però quel momento è solo nostro e di nessun altro.
Non potrei farne a meno. Quando vado a letto, aspetto solo di addormentarmi e desiderare la sua vicinanza appena sveglio.

«Piccola, cosa succede?» domando sussurrando carezzandole i capelli.
Sospira contro la mia maglia.
«La giornata è iniziata con il piede sbagliato, Dami.»
Non continua.
Cavolo, a volte è così difficile interpretare le persone da una semplice frase che, in realtà, non spiega nulla.
Di solito lo faccio anch'io e solo ora capisco quanto questo sia frustrante.

«Vedrai, andrà meglio.»
«I miei disegni sono completamente pieni d'acqua! Il cassetto dei lavori era colmo di liquido con dentro solo la mia cartellina. I miei fogli, quelli lasciati a scuola, sono del tutto rovinati» confida triste.

Trattengo il fiato.
Questa sì che è una vera e propria tragedia.
Per un disegnatore non c'è niente di più importante dei propri lavori. In ogni traccia e linea si imprimono fatica e passione, un sentimento che va ben oltre ogni comprensione.
«Come mai c'era solo la tua cartellina?» Corrugo la fronte.
A tutte le classi sono soliti assegnare dei grandi mobili di ferro con dei cassetti dove contenere i lavori svolti, così da non fare la spola tra casa e scuola, ma averli a portata di mano in ogni occasione.

Amelia solleva le spalle. «In realtà, ero certa di averli messi nel posto più in alto seguendo l'ordine alfabetico, ma quando sono andata a cercare, si trovavano in fondo.»

DestinoWhere stories live. Discover now