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Tamburello con la punta della matita sul foglio mentre seguo le linee con gli occhi. Il compito a casa è quello di progettare l'esterno per un negozio di dischi. Sembrava un lavoro facile, ma non è ciò che sta accadendo a me.
Un nuovo suono di pagina sfogliata si solleva nella stanza e mi costringo a non sbuffare.
Lancio una fugace occhiata al mio orologio stretto al polso e con lo sguardo rincorro le lancette nella speranza di vederle correre avanti, però non accade e ne resto quasi deluso. Jason sarà qui a momenti e potrò dedicarmi completamente al mio lavoro.

Il sacchetto di alluminio fruscia, posso sentire scrocchiare una delle tante patatine al suo interno.
Non smetterò mai di ringraziare Daniel per avermi lasciato a casa da solo con sua sorella. Per andare dove? A quella stupida gara di moto.
Roberta non è affatto di compagnia, anzi, si è seduta su una delle sedie del salone proprio davanti a me, ha aperto la rivista e non ha scambiato neppure una parola. Non un monosillabo, non un semplice ciao.

Niente di niente.

Strano, suo fratello non sta zitto un secondo, mentre lei è così silenziosa.
Eppure con Jason parla, e anche tanto.
Sarò io a non andarle a genio.
Mi astengo dal commentarla ancora. Vorrei soltanto che andasse nell'altra stanza e non disturbasse più la mia concentrazione.
La sento ridacchiare e socchiudo le palpebre infastidito.
Devo stare calmo, Jason sarà qui a breve. Me lo ripeto da almeno un'ora, tuttavia, di mio fratello nessuna traccia.
Ovvio, nel momento del bisogno non c'è mai e, quando invece vorrei che non ci fosse, spunta puntuale.
Un'assurda coincidenza, purtroppo dannatamente reale.

Senza preavviso, Roberta sbatte la rivista sul tavolo, facendomi sussultare.
Sorseggia il succo di frutta all'albicocca, posso percepire il sapore dolciastro fin dalla mia posizione.
Se il compito non fosse in consegna per domani, avrei già rinunciato, ma nella mia stanza non c'è abbastanza luce e sono costretto a occupare il tavolo del salone.
Dalla finestra filtra il sole del pomeriggio, rispecchiandosi sul legno lucido.

Possibile che lei non abbia voglia di schiacciare un pisolino? Di fare un bagno? Di comportarsi come una ragazzina di dodici anni e andare fuori a giocare?
Scuoto mentalmente la testa.
Daniel le ha severamente proibito di uscire se non accompagnata da uno di noi, e poi, con chi potrebbe giocare? Non conosce nessuno nel quartiere.
Si sporge sul tavolo e afferra il telecomando.

Mi viene da piangere.
Voglio finire il mio lavoro e andare a riposare, perché tutto ruota contro di me?
Invece di accendere la televisione, gioca con i tasti passandoci le dita nel mezzo.
Sollevo lo sguardo su di lei e la vedo ricambiare. I suoi occhi verdi sono tali e quali a quelli di Daniel, stesso verde profondo e misterioso.

«Cosa stai disegnando?» mi chiede inclinando la testa da un lato.

Socchiudo la bocca. Sta davvero parlando con me?
Se non rischiassi di sembrare sciocco, le chiederei di ripetere.

«Un progetto per una vetrina di dischi» spiego e lei annuisce pensierosa.

«E la useranno per una vetrina vera?» domanda, rigirando tra le mani l'oggetto di plastica.
Scuoto la testa. «No, è per vedere se siamo capaci di creare qualcosa.»

In teoria, Daniel dovrebbe essere qui a fare lo stesso lavoro, eppure, lui se ne frega dei compiti.
Verrà promosso per miracolo, come l'anno passato.
Gli piace rischiare, giocare con il fuoco.
Afferro il mio succo e lo sorseggio. Arancia, la migliore. Gli altri gusti sono troppo zuccherati.

«Sono sempre dei lavori così noiosi?» domanda ancora e il suo tono non sembra affatto incuriosito.
Provo a smorzare la tensione con una risata, ma, davanti alla sua espressione gelida, il sorriso mi muore in gola.
Questa ragazzina è stranamente terrificante e dolce allo stesso tempo.

DestinoWhere stories live. Discover now