#266

2.3K 153 21
                                    


Stiles sa che deve farlo. Che deve andare al loft, entrare, magari salutare e poi accettare tutte le conseguenze del caso. 

Solo che ha una paura assurda, gli sudano le mani e il cervello gli sembra accelerato oltre ogni limite possibile. Come se avesse i pensieri che vanno così veloci, che non riesce a pensarne uno, che subito ne arriva un altro. E si accavallano. Solo a lui succede? 

Sa che doveva farlo tempo fa. Non un mese fa. Nemmeno due o tre mesi fa. Ma almeno sette mesi fa. Solo che quando cominci a rimandare, poi la strada sembra tutta in discesa e sei sempre lì a procrastinare e poi te ne dimentichi. Non che sia facile dimenticarsi di una cosa così evidente, ma... beh, Stiles ha voluto dimenticarsi di fare quella specifica azione. 

Ha voluto dimenticarsi di andare al loft e ha preferito rimanere a NEw York, al college (finché ha potuto) e ha preferito sonnecchiare a Central Park. 

Solo che ora è inevitabile, lo sa benissimo. Glielo ha anche urlato addosso Scott che è inevitabile (glielo sta urlando addosso da mesi, in realtà), così come ha fatto anche Lydia e addirittura Jackson. Cioè, dai, Jackson che dà consigli e che li dà anche sensati. Il mondo sottosopra. 

Quindi ora Stiles sa che deve farlo, così come sa che ormai è seduto nella Jeep e che deve solo fare pochissimi metri per poi parcheggiare al loft. 

Metri che percorre in un minuto, lo stesso minuto che impiega a spegnere l'auto. Lo stesso minuto che, unito ad altri diciassette, impiega a trovare il coraggio per scendere dalla macchina. 

Non che l'abbia trovato, ma, come detto, sa che deve farlo. 

L'ascensore, come sempre, non funziona e impiega molto più del dovuto a salire le rampe di scale (non che sia totalmente colpa della sua mancanza di coraggio, eh!). Impiega conque minuti per arrivare davanti al portone in ferro e altri cinque per riprendere fiato. Più o meno. L'agitazione non è che lo stia aiutando granché a respirare. 

Si avvicina, prende un respiro e spinge il portone ad aprirsi e l'interno lo coglie totalmente di sorpresa. Di uguale a prima c'è solo l'ampia vetrata, ma tutto il resto è... è una casa, ora. 

Le pareti sono bianche, con dettagli blu. C'è un grande divano ocra, dei veri mobili e anche una tv. La scala sembra tirata a lucido e...oddio è profumo per ambienti quello? 

Stiles è così preso a girarsi intorno che vede Derek solo quando scende l'ultimo gradino delle scale e gli si para davanti. 

Sono entrambi fermi, uno di fronte all'altro e Stiles, come suo solito quando è troppo agitato, straparla. 

"Ehi, Sourwolf! Ti trovo benone! Come va la vita? E' da un po' che non ci si vede, eh?" dice, agitando le mani. 

Inaspettatamente, Derek gli risponde anche. Ma a tono. 

"Sto benissimo, Stiles, grazie per avermelo chiesto. Tu come stai? Sei venuto per una visita di cortesia per gli auguri di Natale? Sì, è un po' che non ci vediamo. Quanto sarà? Direi all'incirca otto mesi." 

Stiles comincia a mangiucchiarsi le unghie. "Eheh! Sì, otto mesi." 

"Seguimi, idiota!" tuona Derek e Stiles è così preso in contropiede che sobbalza, ma lo segue lo stesso, quando Derek lo sorpassa e va verso quella che Stiles ricordava essere una stanca piena di cianfrusaglie di Erica ed Isaac. 

Derek apre la porta e la prima cosa che colpisce Stiles è la luce che inonda l'ambiente e che colpisce quello che è posizionato al centro della stanza. 

Una culla, di quelle a dondolo, con un velo che le ricopre. Stiles fa quelache passo, guardandosi intorno, mentre Derek comincia a spiegare. 

"Quando mi hai scacciato otto mesi fa, sono tornato qui, ma sono tornato a New York il mese dopo, perchè non riuscivo ad accettarlo. Stavamo bene, ci eravamo rincontrati dopo due anni e stavamo bene. E non capivo perché mi avessi mandato via. Poi ti ho visto e ho sentito il tuo odore. Il vostro odore." 

C'è anche uno di quei mobiletti su cui si lavano i bimbi, un comò e in un angolo ci sono tanti giocattoli. Sulle pareti ci sono disegni colorati, fiori, animali. Le tende sono bianche e svolazzano e sulla culla pende uno di quei giochini sonori con i pianeti che girano in tondo. 

Derek continua. "Ho capito la tua paura, anche se non l'ho accettata. E sono così convinto di quello che provi per me e di quello che io provo per te, per voi, che sapevo saresti venuto qui, prima del suo arrivo." 

Nel comò ci sono tutine colorate, calzini e cappellini. Ci sono sia per bambine che per bambini. 

"Non so se sia maschio o femmina, ma so che voglio essere suo padre e il tuo compagno. Stavo solo aspettando che tu la smettessi di essere idiota." 

Stiles nemmeno si era accorto di star piangendo. Si gira verso Derek tirando su col naso. 

"Scusa" sussurra. 

Derek, semplicemente, gli va in contro e lo stringe forte. 



"Certo che sei enorme, ragazzino!" 

"Hale, non si insultano gli incinti!" 



La parola era "MESE". 

365 Sterek (2)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora