Capitolo 91

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Era da qualche giorno che Hinata si comportava in modo strano; Tobio lo aveva notato.



Dava l'impressione di esser con la testa fra le nuvole: sembrava, infatti, davvero pensieroso, e spesso se ne stava in silenzio per infiniti minuti a riflettere.



Erano state numerose le volte in cui il corvino gli chiedeva se stesse bene o se fosse accaduto qualcosa, ed il suo ragazzo si limitava a sussultare sonoramente, come se fosse appena stato destato da un profondo stato di trance, per poi balbettare quelle che erano delle evidenti scuse per evitare la domanda, con tanto di risolino nervoso.



Le prime volte Tobio lo liquidava semplicemente con un'alzata di spalle, dicendosi di non pensarci troppo e che se ci fosse stato qualcosa di grave dietro al comportamento ambiguo del rossiccio, quest'ultimo gliel'avrebbe sicuramente detto.



Però Tobio era ben consapevole che, in un altro momento in cui magari si sarebbe sentito meglio psicologicamente, probabilmente avrebbe fatto di tutto pur di scoprire cosa vi fosse sotto, nonostante si potesse trattare di una stupidaggine, facendosi venire milioni di paranoie; bensì, in quel momento, non ne aveva le forze.



Era il 17 Agosto, era passato poco meno di un mese dalla morte di suo nonno, il tempo continuava a scorrere, eppure lui non era cambiato particolarmente.



Osservava quanti sforzi stesse facendo la sua famiglia per provare ad andare avanti, vedeva quanto fosse difficile e doloroso provare a voltare pagina; di conseguenza, pensò che la scelta più saggia fosse quella di non far assolutamente nulla.



Si era rinchiuso in una bolla immaginaria,
occupata da lui e dal suo dolore.



Insomma, ci viveva a braccetto, e quella sofferenza lo stava prosciugando della sua energia vitale per diventare più forte ed imponente.



E Shoyo lo aveva capito: sapeva che il dolore non aveva mai abbandonato il suo alzatore, ma sapeva anche che nemmeno lui lo avrebbe fatto.



E si disse, con particolare convinzione, che accanto a Tobio c'era posto solo per uno dei due; perciò,
la sofferenza doveva andarsene.



Quando aveva raccontato questa sua ipotesi a Kenma, l'aveva presa sul ridere, borbottando con teatrale maniera indispettita che Tobio lo stesse tradendo con il dolore e che passasse più tempo con quest'ultimo che con lui stesso.



Eppure, era tanto ironico quanto vero, e la verità gli faceva paura.



Aveva seriamente paura di non riuscire più a riavere il suo Tobio indietro, e questo pensiero gli attanagliava la mente ogni volta che usciva, verso sera inoltrata, dalla casa dei Kageyama, osservando il suo ragazzo con solo un briciolo di vitalità, la bocca che difficilmente si contraeva dalla sua forma statica per esprimere qualche emozione e i suoi occhi blu e profondi, ma che a Shoyo parevano così smorti e sbiaditi.



E quando tornava a casa, si stendeva a pancia all'ingiù nel suo letto, sprofondava nelle coperte, avvinghiandosi al loro interno -nonostante fuori ci fossero più di 30 gradi, eppure lui ne sentiva il bisogno, percependo il cuore avvolto da una brina gelida- e crollando in un pianto, a volte silenzioso, a volte fragoroso, con il volto seppellito nel guanciale del suo cuscino.



E Natsu, la cui stanza si trovava accanto quella del fratello, correva da quest'ultimo non appena lo sentiva piangere rumorosamente, strisciando furtivamente nel suo letto e poggiando la guancia sulla superficie rigida e allenata della schiena del più grande, il quale continuava a piangere ininterrottamente.



My Little Sunshine~ KageHina ||Completata||Where stories live. Discover now