Capitolo 146

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Hinata se ne stava seduto per terra, la schiena appena ricurva e depositata pigramente contro la parete della palestra mentre le ginocchia erano portate al petto che freneticamente si gonfiava a causa del sonoro fiatone.



Il silenzio che adesso vigeva all'interno della struttura sportiva, intervallato da qualche tenue brusio di sottofondo, era stato pochi istanti prima spezzato violentemente dal suono acuto del fischio che era andato a segnare la fine di quella partita disputata dal Karasuno e dalla quale ne era uscita vincitrice.



Uno dei suoi avambracci era appollaiato sul ginocchio mentre il piccolo palmo era stretto intorno alla sua borraccia precedentemente colma d'acqua, ma che era stata svuotata non appena il rossiccio, terminata la partita, aveva avuto la possibilità di agguantarla.



Dovevano essere le sei, o probabilmente le sette, di sera; Hinata non ne era sicuro, l'orologio si trovava letteralmente dall'altra parte della palestra e lui non aveva ancora sviluppato una vista straordinaria quanto i suoi riflessi o la sua elevazione.



Era riuscito ad intuirlo, tuttavia, dal velo scuro di accennato crepuscolo che primeggiava sul tetto della palestra e che si poteva riuscire a scorgere dalle grosse finestre di questa; eppure, al centrale, non importava realmente un granché.



In quel momento, rannicchiato contro il muro, osservava il parquet lucido con un sorriso entusiasta e degli occhi spalancati celati dal capo chino e da qualche ciocca arancione che gli ricadeva sul volto imperlato dal sudore, quasi assorto in uno stato di trance, mentre faceva i conti con il suo cuore che, all'interno della gabbia toracica, scalpitava come se volessi fuggirvi.



Era la stanchezza di una giornata intera trascorsa a giocare un bel numero di partite a far reagire in quel modo il suo corpo?



Probabilmente, anzi, sicuramente, sì.



Eppure lui non si sentiva affatto stanco o esausto.



Il suo cuore pompava ogni litro di sangue presente nel corpo minuto ed agile con così tanta forza più per l'emozione, che per la stanchezza.



L'emozione di aver potuto ritrovarsi nuovamente sul campo dopo che si era sentito dire che sarebbe stato meglio non tornarvi, per il bene della sua salute.



Si sarebbe dovuto quindi privarsi di quel formicolio che stava scuotendo ed attraversando ogni centimetro della sua pelle, conferendogli una scarica elettrica così potente da renderlo capace di eseguire cento giri di corsa intorno al campo?



Ma neanche per sogno.



Hinata era immensamente grato a qualsiasi cosa lo aveva condotto in quel momento, su quel campo, con quelle persone che con grande fierezza poteva definire i suoi compagni di squadra.



E, soprattutto, era immensamente grato a se stesso per non essersi arreso e per non aver esitato durante tutto quella tortuosa ed ardua strada che aveva dovuto percorrere pur di giungere a quel momento.



Nemmeno una volta.



Adorava quando erano le altre persone a fargli tanti complenti e ad elogiarlo, ma in quel momento comprese l'importanza di prendersi qualche istante per sé, riflettere sul proprio percorso e darsi una pacca sulla spalla da soli per esser riusciti ad arrivare fin dove si era arrivati; era bello, sentirsi fieri di se stessi.



In quel momento era davvero felice.



"Oi, Hinata!" lo aveva chiamato per attirare la sua attenzione, Tanaka, per poi sedersi esattamente accanto al rossiccio, emettendo un sospiro non appena la sua schiena aderì comodamente al muro dietro di sé.



My Little Sunshine~ KageHina ||Completata||Where stories live. Discover now