Capitolo 122

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I giorni trascorsero e, fortunatamente, Shoyo non rischiò più di passare al terzo stadio; tuttavia, egli non si era ancora svegliato.



I dottori avevano spiegato che, se non si fosse più presentato alcun sintomo inerente al terzo stadio, allora Hinata, seppur lentamente, si sarebbe potuto destare e il suo risveglio non avrebbe costituito solamente una speranza lontana.



Eppure erano ormai passate più di due settimane dall'incidente ed ogni volta che Tobio metteva piede nell'ospedale, non lo accoglieva il sorriso smagliante e gli occhi nocciolo luminosi di Shoyo, ma l'espressione addolorata e grigia di Maya, facendogli comprendere che non era cambiato nulla dal giorno precedente.



E Tobio semplicemente non ne poteva più.



Il suo fragile e delicato cuore, provato da tutte le batoste che la vita non stava facendo altro che riservargli, era intrappolato in una rete di preoccupazione, paura, agitazione, rabbia, nervosismo e nostalgia, e quasi riusciva a percepire le sue lacrime tant'è che faceva male.



Fortunatamente erano ricominciati gli allenamenti e la pallavolo era stata una sua grande compagna ed amica in quei giorni così duri e cruenti, aiutandolo a rilassarsi e a dedicare interamente la sua mente verso di essa come aveva sempre fatto sin da piccolo.



Tuttavia quella palestra costituiva una fonte di ricordi inimmaginabile; la pallavolo, in sé, gli donava milioni di ricordi, facendogli riaffiorare tantissimi momenti che, uno ad uno, parevano scalfirgli l'anima.



Difatti, se prima di incontrare Shoyo per il corvino non vi era altro spazio tra i suoi pensieri, se non per la pallavolo, adesso quest'ultima era strettamente connessa al rossiccio: alla fin fine, Kageyama non riusciva proprio ad immaginare Shoyo senza la pallavolo e la pallavolo senza Shoyo.



Erano considerati entrambi i punti fermi della sua vita, le sue passioni, ciò a cui, ne era certo, si sarebbe dedicato a vita con tutto se stesso senza mai annoiarsi, ma sapeva anche che, in seguito a tale rapporto di interdipendenza che nella sua vita avevano assunto lo sport ed il rossiccio, al vacillare di uno si sarebbe ritrovato in un limbo di oscurità anche l'altro.



E fu proprio questo quel che accadde: il solo contatto dei suoi palmi e dei suoi polpastrelli ruvidi e affusolati contro il tessuto in cuoio del pallone lo liberava, sentendosi quasi un uccello che spiccava il volo nel cielo azzurro, sfrecciando fra l'aria fresca dopo mesi di prigionia, percependo una sensazione paradisiaca di leggerezza nel suo petto in cui solitamente aleggiava la pesantezza e l'oppressione di tutti i macigni che la vita non faceva aveva che accumulargli.



Il poter padroneggiare quel pallone con la propria forza, con la consapevolezza che, in un modo o nell'altro, sarebbe ritornato fra le sue mani, sottostando al suo voler, aveva reso la pallavolo per Tobio il suo posto sicuro.



Ciononostante, senza la voce squillante e bambinesca del centrale che richiamava un'alzata dopo l'altra fino allo sfinimento, correndo da una sezione all'altra del campo pur di schiacciare anche solo ed esclusivamente una volta in più i palloni provenienti dal tocco studiato e perfetto al millimetro di Tobio, gli parve tutto così privo di senso, tutto così vuoto e spento, meno emozionante.



Non percepiva più quel fascio di luce ed energia raggiante che dentro di sé si infiammava ogni qualvolta giocasse a pallavolo con Hinata.



Aveva incontrato Shoyo e non solo aveva alimentato l'amore che nutriva verso lo sport della sua vita, conferendogli un senso ancor più profondo e facendogli comprendere appieno uno dei motivi per la quale continuasse a praticarla giorno per giorno, ma aveva anche trovato un ulteriore posto sicuro in cui rifugiarsi.



My Little Sunshine~ KageHina ||Completata||Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora