Smascherata (Parte III)

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-Mi dispiace, ma se ne sta andando... dovresti farle compagnia, almeno in questi ultimi momenti-

Leon era seduto sul divano da tempo immemore ormai: le mani immerse fra gli scuri capelli, piegato in avanti, con i gomiti poggiati sulle ginocchia.

Arianna quella notte aveva smesso di respirare, era successo mentre lui la stringeva fra le sue braccia, mentre dormiva con lei. Le Elfe avevano necessità di dormire, per cui lui, per farle compagnia, faceva altrettanto. Ma, appoggiato dolcemente al suo petto e nel buio della notte, una luce dorata l'aveva svegliato, e quindi aveva spostato il capo verso la sorgente di luce, notando che era il torace della donna.

Da quello, lentamente, si erano staccati con leggerezza dei brandelli fatti d'oro, luminescenti.

I capelli, dorati e splendenti che erano, avevano iniziato a lampeggiare seguendo le pulsazioni del suo battito poi, molto rapidamente, tutta la pelle della donna aveva iniziato a staccarsi, mentre ciò che c'era sotto emanava un acceso bagliore. La sua Arianna se ne stava andando, senza nemmeno dirgli addio.

Non l'avrebbe mai più rivista, lei che l'aveva accompagnato per mille anni e più, lei che l'aveva cambiato, che l'aveva reso una persona del tutto diversa, migliore, speciale... come amava definirlo lei.

La verità però era un'altra.

Era lei, lei solamente era la persona speciale, lei era unica, lei era tutta la sua vita.

"E adesso... non ho più niente"

Solo una grande casa, vuota e ora più spenta e triste che mai.

-...Leon- mormorò un uomo sulla trentina, lo conosceva bene –Alberich, ti ringrazio di aver tentato, almeno.-

Alberich era un Immuno e, per la precisione, era il preside dell'Accademia che frequentava Skarlet, quella finalizzata all'istruzione avanzata degli Immuno.

Poteva salvare qualunque creatura da ogni male, ma solo se le Ordinatrici erano d'accordo e se lui aveva abbastanza Aura magica –Non preoccuparti, siamo amici da tempo. In questi anni avrei conservato l'Aura per aiutare la Leggenda nella guerra contro il Titano, ma Arianna aveva la precedenza, lei era una donna...-

–... speciale. Sì, lo era.-

Ignorò il fatto che anche Alberich, come molti altri uomini, amava la sua ormai defunta moglie ma non fisicamente, bensì spiritualmente e lui non poteva fare nulla per contrastare i sentimenti, poiché questi non andavano comandati.

Il cellulare davanti a lui era spento, non sapeva se fare quello che... era lecito fare, non sapeva cosa esattamente desiderava in quel momento.

-Vuoi... che vada via? O che rimanga? Devi dirmelo sinceramente però, non devi vergognarti o sentirti in colpa, farò ciò che desideri.-

Già, cosa desiderava?

Corrucciò lo sguardo e prese il telefono, lo accese e fece –Vorrei... restare solo-

Alberich annuì solamente e fece –Mi raccomando, di qualunque cosa tu abbia bisogno, Leon, non esitare a chiedere-

Il moro annuì nella sua direzione con sguardo intenso e ricco di gratitudine poi, non appena lo vide sparire, tornò al suo telefono e inviò un messaggio

#Lei se n'è andata.#

Poi appoggiò il telefono e si rese conto, forse solo in quel momento, di quanto si sentisse triste, in realtà.

...

Lontano da quella dimensione, Cherlyne, sdraiata sul letto, avvertì il telefono vibrare e lesse il messaggio. Non vide nemmeno il mittente, ma sgranò gli occhi...

V.  I TitaniWhere stories live. Discover now