CAPITOLO 108. Posso amarti forte.

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DUE GIORNI DOPO

Percorsi lentamente i corridoi cercando, per quanto fosse possibile, di arrivare nella mia classe. Un'infinità di studenti facevano la fila o si raggruppavano davanti alla bacheca della scuola. Non sapevo quale annuncio "entusiasmate" ci fosse, tanto da creare un tale caos alle otto di mattina. Notai Josh da lontano parlare con una ragazza. Lo osservai e gli feci cenno con la mano. Mi sorrise, salutando raperonzolo dai capelli biondi e avvicinandosi a me.

Josh: Come va? - Disse abbracciandomi.

Io: Bene. - Sorrisi - Sai dirmi che succede?

Josh: Stanno organizzando una festa per l'inaugurazione della nuova palestra, nulla di fico.

Io: Per la che? - Corrugai la fronte.

Josh: Inaugurazione della palestra. - Mi incamminai verso il mio armadietto, seguita da Josh.

Io: A si? - Annuì - Il preside non ha nulla di meglio da fare, eh?

Josh: Non è stato il preside, ma la squadra delle cheerleader. - Alzai un sopracciglio, inserendo la combinazione del mio armadietto.

Io: E perché mai? - Dissi ridendo.

Josh: Forse vogliono solo mostrare i nuovi abiti firmati.

Io: Oh sicuro. - Sghignazzai - Ci andrai?

Josh: Ma si, infondo è anche un modo per divertirtici, no?

Io: Mmh si, non hai tutti i torti. - Mi sorrise - Hai per caso visto...

Josh: Justin? - Mi interruppe. Annuì - No, mi dispiace. - Forse ancora non era arrivato, forse era già in classe, forse era a chiacchierare con qualche amico o forse era a fumare una sigaretta nel cortile della scuola. Forse non era affatto venuto quel giorno.

Al suono della campanella della prima ora mi precipitai nel cortile della scuola. Avevo ricevuto varie telefonate da un numero sconosciuto e, in tutta sincerità, non avevo la minima idea di chi fosse. Mi sedetti su un muretto, fissando lo schermo del mio cellulare nella speranza di ricevere di nuovo quella chiamata. Non poteva essere Justin, non mi avrebbe mai chiamata con un numero sconosciuto. Cera qualcosa di strano quel giorno, e non mi riferivo al tempo di merda che aveva dato inizio a quella giornata. Non avevo visto Justin tra i corridoi, forse non cera davvero. La cosa strana, però, era che non sentivo la sua mancanza, come se infondo la sua presenza fosse al mio fianco.

J: Amber. - Alzai lo sguardo, ritrovandomi davanti proprio lui.

Io: Ciao. - Risposi sorpresa di vederlo. Era vestito interamente di nero, e un grande cappotto del medesimo colore copriva il suo corpo. Al collo portava una collana d'argento e indossava sulla testa uno di quei comuni berretti che tanto adorano i maschi.

J: Che c'è? Sei sorpresa di vedermi? - Disse sorridendo e sedendosi al mio fianco. Tirò su il cappuccio del cappotto, osservandomi negli occhi.

Io: Bhè... leggermente. Non pensavo di vederti oggi.

J: Mica sono morto. - Rise divertito corrugando la fronte.

Io: Non fare lo spiritoso, pensavo solo che oggi non saresti venuto.

J: E poi chi badava a te? - L'ombra di un sorriso compare sul mio volto - Come mai sei qui?

Io: Ho ricevuto varie telefonate da un numero sconosciuto, non ho la minima idea di chi possa essere. - Mi guardò attentamente negli occhi, rimanendo come basito dalla mia confessione.

J: Un numero sconosciuto? - Annuì - Quante volte ti ha chiamato?

Io: Cinque. - Alzò un sopracciglio, tornando a guardare davanti a se - Qualche idea di chi possa essere? - Disapprovò con la testa.

J: Non rispondere in tutti i modi, ok? Chiunque sia vuole rintracciarti.

Io: Justin? - Lo chiamai. Si voltò verso di me, affogando i suoi occhi nei miei - E se fosse...

J: Non lo so Amber, probabile. Ma non riesco a capire come sia riuscito ad avere il tuo numero se è lui. - Disse interrompendomi. Deglutì d'istinto - Non dirmi che hai paura? - Sorrise, forse per sdrammatizzare la situazione creata.

Io: Ma figurati. - Dissi distogliendo lo sguardo - Il mio ragazzo è un tipo tosto e anch'io devo iniziare ad esserlo. - Mi sorrise, mostrando la sua schiera di denti perfetti.

J: Non sei obbligata ad esserlo, piccola. È normale avere paura, no? - Non risposi ma abbassai il capo, sospirando. Anche lui aveva paura, infondo, e anche se cercava di non dimostrarlo io sapevo che era così. Aveva paura per me, perché dopo tutto questo tempo ancora si considerava inferiore. Ma non perché era sottomesso da me, assolutamente, ma perché non si riteneva capace di assumere una responsabilità così importante. Tutte le volte che ne parlavamo finiva sempre con il dirmi la stessa identica frase: "Io ti proteggerò Amber, lo farò davvero. Potesse cadere il mondo io sarò sempre pronto a prendermi cura di te." E ogni volta finivo per crederci.

Io: Justin? - Dissi richiamandolo.

J: Mmh? - Mugolò poco attento.

Io: Ma io ne valgo davvero la pena? - Osservai il grande cortile davanti a me.

J: Non capisco.

Io: Ne valgo davvero la pena?

J: Ma in cosa?

Io: In tutto. Valgo davvero la pena di essere qui? Valgo davvero la pensa di avere un ragazzo come te? Valgo davvero la pena di non morire? - Posò il suo sguardo su di me, avvicinandosi.

J: Perché dici questo?

Io: Valgo davvero la pena, Justin? - Ripetei. Non rispose - Le persone sono migliori di me, le persone sono diverse da me, le persone possono fare quello che vogliono mentre io no. Io sarò sempre inferiore ad ognuno di loro. Io non sono nessuno.

J: Ma sei tutto per me, Amber.

Io: Io non sono nessuno. - Ripetei come se la frase che aveva pronunciato fosse inesistente.

J: Amber basta! - La sua voce mi arrivò dritta alle orecchie.

Io: Cosa? - Risposi come se mi fossi appena svegliata da chissà quanto tempo.

J: Smettila di guardare gli altri e di paragonarti a loro. Smettila di dire che la loro vita è migliore della tua. Smettila di sentirti inferiore. - Abbassai il capo - Smettila, ti prego. - Mi strinse contro il suo petto, talmente forte da mandare la mia mente in un altro luogo - Tu non sei loro e loro non sono te. Puoi migliorare la tua vita, se lo desideri davvero. Non sei inferiore a niente e nessuno. Amati, stimati e migliorati. - Presi ad osservarlo.

Io: E tu? Mi ami, mi stimi e mi migliori? - Sorrise.

J: Si, davvero. - Mi strinsi contro il suo petto, mentre un calore a me familiare mi attraversò il corpo.

Io: Lo so... sono paranoica, possessiva, complessata da questa merda di mondo, lunatica e maledettamente insicura. Però posso amarti forte, se vuoi.

J: Non te ne accorgi, ma lo fai ogni giorno.

Our love suicideWhere stories live. Discover now