CAPITOLO 90. Sei un angelo?

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DUE ORE DOPO

Aprì lentamente gli occhi, e mi accorsi di essermi addormentata. Osservai il soffitto sopra la mia testa, sbadigliando lentamente. Notai Justin dormire al mio fianco, sembrava un angelo. Mi spostati su un lato e presi ad osservare quella splendida figura che giaceva al mio fianco. Le mie dita percorrevano il contorno delle sue labbra, delle sue perfette labbra. Era davvero bellissimo. I capelli scompigliati, la bocca schiusa, i muscoli rilassati. Il grande orologio sulla parete segnava le sette e trenta. Avevo una gran fame, così stampai un casto bacio sulla guancia del ragazzo con il sorriso perfetto e mi incamminai al piano inferiore. Lo stomaco brontolava, dovevo mettere qualcosa sotto ai denti al più presto. Aprì varie credenze estraendone in seguito del pane e della marmellata alla fragola. Adoravo la fragola, era il mio frutto preferito. Spalmai lentamente la densa sostanza su una sottile fetta di pane e l'addentai, pronta a gustarmi quella deliziosa merenda. Raggiunsi la grande finestra del salone di casa mia e mi accovacciai su uno dei piccoli divani che dominavano quella stanza. Ritirai le gambe al petto, assaporando il delizioso gusto della fragola. Il tempo stava peggiorando. La sera era ormai calata e, con essa, sopraggiungeva anche la paura del buio. Fin da bambina era il mio peggior nemico. Ero sempre e costantemente costretta a dormire con una piccola luce accesa nella mia stanza, in modo da tenere lontani i mostri. Sorrisi a quel pensiero. Immaginavo streghe, fantasmi, alieni, orribili killer dal volto insanguinato, zombi... una fantasia davvero pazzesca era la mia. Ma avevo solo sei anni, ed era normale per la mia età avete paura di certe cose. Mia madre tutte le notti, prima di addormentarmi, mi cantava la mia solita ninna nanna e, ascoltandola, cadevo in un beato e sereno sonno profondo. Fino a quando non se ne andava, e la paura sopraggiungeva. Scappavo dalla mia stanza e mi coricavo nel grande letto dei miei, al caldo, tra le loro carezze, tra i loro baci e tra i loro insaziabili abbracci. Poi sono cresciuta. E, con il tempo, ho imparato che non esistono fantasmi, alieni, mostri o quant'altro. Perché il vero nemico dell'uomo, è proprio l'uomo. Non ho paura delle persone. Nessuno è veramente cattivo, in fondo. Ma non sono una di quelle che si fida facilmente, semplicemente perché non fidarsi di qualcuno che sai che può solo farti soffrire è da pazzi. E io non lo sono. I miei occhi non si staccano dal grande vetro della finestra. Le chiome degli alberi si muovono velocemente, segno che sta tirando un gran vento là fuori. Mi strinsi maggiormente nelle spalle, terminando il mio delizioso panino. Dopo aver percorso lentamente le scale mi diressi nella mia stanza. Justin ancora dormiva tranquillo e sorrisi notando quanto fosse tenero. Mi avvicinai alla scrivania, estraendo i libri dallo zaino. Partì con fisica, una delle mie materie preferite. Mi concentrai a svolgere tutti gli esercizi assegnati, per poi passare a storia dell'arte. Picchiettai la matita sul tavolo, pensando a quale tesi potessi svolgere sui greci.

Terminai i compiti una buona mezz'ora dopo. Riposi tutti i libri nella cartella e sospirai. Osservai il soffitto sopra la mia testa, mentre il silenzio mi circondava. Un mugolio interruppe i miei pensieri. Mi voltai verso Justin e lo vidi stiracchiarsi. Sorrisi, alzandomi dalla sedia. Gattonai sul letto, fino a raggiungerlo. Iniziai a baciargli ripetutamente la guancia, cercando di svegliarlo del tutto. Quando aprì di colpo gli occhi affogai in quel bellissimo abisso dorato. Lo guardai dall'alto, con le labbra poste ad un centimetro di distanza dalle sue.
J: Sei un angelo? - Chiese con la voce ancora impastata dal sonno.
Io: Sono solo Amber. - Ridacchiai accarezzandogli il volto.
J: Allora si, sei un angelo. - Le sue braccia si strinsero intorno alla mia vita, facendomi cadere del tutto sul suo corpo. Le mie guance iniziarono a bruciare a causa delle sue parole. Gli sorrisi timidamente, continuando a fissarlo. Era adorabile appena sveglio. Le guance erano ancora calde e gli occhi aperti per bene facevano intuire che si era davvero riposato come si deve - Mi fai da cuscino? - Mi fece distendere al suo fianco e si mise comodo su di me.
Io: Ho altre alternative?
J: No piccola. - Disse posando la sua testa sul mio petto - Sei comoda, sai? - Ridacchiai - Che ore sono? - Allungai un braccio, afferrando il telefono.
Io: Quasi le otto. - Sbadigliò, aumentando la presa intorno al mio corpo - Ceni qui sta sera?
J: Facciamo che rimango anche a dormire, ok? - Disse guardandomi. Feci spallucce, annuendo.
Io: Come vuoi. - Sorrise, appoggiando in seguito la testa sul mio petto.
J: Te l'ho già detto che sei tremendamente comoda?
Io: Oh si, ma non sei il primo che me lo ha detto. - Scenata di gelosia tra tre, due, un...
J: A si? - Disse sedendosi di scatto. Trattenni una risata - E chi altro te lo avrebbe detto? - Domandò serio. Mi avvicinai al suo volto, lentamente.
Io: Perché non provi a chiederlo al tuo amichetto Cody? - Afferrai tra i denti il suo labbro inferiore, tirandolo lentamente verso di me.
J: Non ti credo. - Disse sussurrando.
Io: Penso proprio che ti convenga farlo. - Sussurrai a mia volta. Con una mossa veloce mi afferrò per le spalle e mi fece distendere sul letto. Lo vidi sedersi a cavalcioni sul mio ventre, mentre portava le mie braccia sopra la mia testa.
J: Smettila. - Si avvicinò al mio viso - Smettila di provocarmi.
Io: Non ti sto provocando. - Intrecciò le sue mani con le mie.
J: Sei solo mia. - Sorrisi, mentre i brividi iniziarono ad invadermi il corpo. Si affrettò a darmi un tenero bacio sulle labbra, tornando poi a riposizionarsi sul mio petto. Cominciai ad accarezzargli i capelli e, sotto alle mie carezze, sbadigliò. Riuscivo a sentire perfettamente il suo respiro. Vedevo il suo petto alzarsi e abbassarsi regolarmente. Mi lasciò un altro bacio, questa volta sulla pancia, poi uno sul cuore. Era strano il modo in cui sapeva essere dolce anche solo attraverso un semplice gesto. Quando il mio telefono iniziò a squillare, venni distratta dai miei pensieri. Allungai un braccio verso il comodino, e lessi sul display "Mamma." Accettai la chiamata, rispondendo con voce calma.
Io: Si mamma, tutto bene. -No, non sono sola. C'è Justin. -Si, si ferma a dormire qui. Non è un problema, vero? - Lo sguardo di Justin si posò su di me - Perfetto, a domani.* Attaccai, posando il telefono sul comodino.
J: Bhè?
Io: Cosa?
J: Posso restare?
Io: Ma certo che puoi restare. - Sorrisi - Mia madre si ferma a dormire a casa di Paul, domani l'accompagna lui al lavoro. - Annuì.
J: Sto morendo di fame, piccola. - Disse lamentandosi come un bambino.
Io: Vado a preparare qualcosa. - Scesi dal letto, incamminandomi verso le scale.
J: Non mi aspetti? - Lo sentì urlare.
Io: Muoviti! - Dissi ridendo.
ORE 22.30
Dopo una deliziosa cena a base di pesce c'eravamo goduti la visione di uno dei miei film preferiti: "Hunger Games." Sdraiati sul letto parlavamo del più e del meno, raccontandoci episodi decisamente troppo imbarazzanti della nostra infanzia. Scherzavamo, ridevamo come due amici che si conoscevano fin dalla nascita. Il suo sorriso era la cosa migliore in quel momento, la sua risata era il suono più bello che avessi mai sentito in vita mia e vedere tutta la sua felicità mi fece star bene. Mi piegai in due, ridendo a causa di una sua battuta. Cosa potevo desiderare di meglio? Ero con il ragazzo che amavo, in camera mia, abbracciati, senza smettere di ridere. Si, questa era la felicità... perché era lui ad esserlo.
J: Facciamo un gioco? - Domandò di botto, sedendosi sul letto.
Io: Un gioco? - Annuì - Quale? - Dissi sorridendo.
J: Ci guardiamo a vicenda negli occhi e il primo che si stanca, perde. - Lo osservai, lo osservai per un lungo tempo. Era così spensierato in quel momento.
Io: Bene, allora preparati a perdere. - Dissi sedendomi a mia volta. Lo fronteggiai perfettamente, incrociando le braccia al petto.
J: Oh, anche tu. Sono mesi che ti guardo senza mai stancarmi. - Sorrisi, e automaticamente abbassai il capo. Le guance iniziarono a bruciare, un segno per niente buono. Odiavo imbarazzare davanti a lui, mi sentivo così indifesa, sperduta. Le sue grandi braccia mi avvolsero il corpo in un caldo abbraccio e mi ritrovai stretta contro il suo petto, al sicuro - Lo sai perché ti ho scelto? - La sua voce roca e tremendamente sexy risuonava contro il mio orecchio.
Io: Perché? - Dissi incrociando i suoi occhi.
J: Perché volevo fare la scelta migliore della mia vita, e tu lo sei sicuramente. - Premetti con forza la mia bocca sulla sua, senza dargli il tempo di replicare. Lo baciai con tutto il bisogno che possedevo nel corpo. La mia lingua si intrecciò con la sua, scaturendo un vortice di emozioni in me.
J: Ti amo, non c'è altro da dire.
Io: Non c'è altro che voglia sentire.

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